Tempo. È la parola chiave di José Mourinho per presentarsi al popolo romanista che freme. Niente promesse, nessuno slogan sulla romanità o sui nemici, bensì una citazione storica di Marco Aurelio (“nulla viene dal nulla e nulla ritorna nel nulla“), chi si aspettava effetti da Special One si è dovuto ricredere. Perché il portoghese, da allenatore navigato e uomo molto intelligente qual è, ha già fiutato il pericolo. La Roma lo ha preso per vincere, certo, ma difficilmente potrà farlo subito. E allora meglio avvisare tutti prima con chiarezza per contenere i danni di un’aspettativa esagerata. «La parola tempo spesso nel calcio non esiste ma qui sì» dice Mourinho nel suo discorso introduttivo della conferenza stampa organizzata in grande stile ieri mattina sulla Terrazza Caffarelli al Campidoglio.
Insieme a una precisazione che può sembrare banale ma non lo è: “La città non è un motivo per cui sono qui, perché non siamo in vacanza“. E poi via allo show. Look informale, polo bianca sotto la giacca, braccialetto giallorosso al polso, José è l’allenatore più disinvolto al mondo quando deve mostrarsi alle telecamere. Conosce la lingua e il campionato, dribbla in scioltezza quei 2-3 argomenti scottanti che deve affrontare tipo Dzeko e la fascia di capitano e si diverte con qualche numero da attore per sciogliere il clima solenne a cui contribuisce anche un Tiago Pinto quasi imbarazzato nel presentarlo. “Sono qui per lavorare, appuntamento alle quattro quindi devo andare” scherza subito Mourinho fingendo una fuga immediata.
Si rialza di nuovo quando una tenda in plastica mossa dal vento fa troppo rumore e ci pensa lui, stizzito, ad eliminala senza fare un fiato, ricorda al giornalista di turno che “sarò un antipatico ma non ti devo dire quello che faccio all’interno del club”, ne punzecchia un altro perché “voi parlate sempre di titoli, noi di tempo, progetto e lavoro, Titoli è una parola troppo facile, poteva essere una promessa molto semplice“. Chiude con ironia quando gli fanno presente che se dovesse vincere trofei qualche romanista potrebbe chiamare i futuri nascituri “José” e lui corregge “Giuseppe“. Con un sorriso che basta da solo per conquistare un popolo.
FONTE: Il Tempo – A. Austini