Queste sono le notti di Mou. Le prepara mentalmente come pochi, le sente nell’anima e le trasmette sulla pelle dei calciatori con l’abilità di un alchimista, mescolando alla tattica quelle motivazioni autentiche che nascono dalle sue viscere e si propagano attraverso i corpi dei suoi uomini. La testa di José, l’uomo che non si stanca mai di vincere, è qui, dentro un Olimpico ancora una volta unico per vibrazioni; il cuore del conquistatore è invece proiettato già a Budapest, un migliaio di km più a Est oltre l’ostacolo chiamato Leverkusen, ieri abbattuto grazie a un gol di Bove, uno dei tanti “bambini” lanciati in questo biennio di sacrifici e gioie.
“Questa vittoria è merito dei ragazzi – le parole dell’allenatore a fine gara – hanno mentalità, voglia, empatia, che è una parola che ripeto tanto e che mi fa pensare alla Roma. Siamo una famiglia. E vogliamo rendere felici i nostri tifosi, anche se restiamo consapevoli dei nostri problemi”. Lo stadio pieno, la scenografia, le bandiere in tutti i settori, le 63 mila voci che non hanno mai smesso di cantare. E poi quella sorta di corteo spontaneo dal centro sportivo allo stadio, che Mou ha seguito con gli occhi lucidi. Tutto questo avrà inevitabilmente un peso quando José, a fine stagione, rifletterà sul suo futuro: “Abbiamo fatto il percorso da Trigoria all’Olimpico con la gente che ci ha seguito per strada. Incredibile. Tutto questo, anche a uno come me che ha tanta esperienza, fa sentire qualcosa dentro che è difficile da spiegare”.
FONTE: Il Corriere dello Sport – G. Marota