In guerra con gli arbitri, attento a rispettare il bon ton con gli avversari. A José Mourinho non è bastato “ricordarsi” di stringere la mano a Tudor e salutare la panchina del Verona prima di uscire dal campo in seguito all’espulsione decisa dall’arbitro Pairetto, che ha punito con il cartellino rosso la sua protesta plateale dopo l’assegnazione di un recupero di soli 4 minuti, con quel segno della cornetta del telefono rivolto al direttore di gara e tutto da interpretare.
Prima di lasciare lo stadio Olimpico e sfilare via davanti alle telecamere senza rilasciare la consueta intervista post-partita («Mourinho se ne va a casa» ha detto ai giornalisti mentre guadagnava l’uscita), il tecnico portoghese ci ha tenuto a salutare di nuovo gli avversari: è entrato nello spogliatoio del Verona, ha fatto i complimenti a Tudor e ai giocatori («L’arbitro ha sbagliato ma voi siete stato davvero bravi») e se n’è effettivamente andato senza parlare.
(…) Mourinho resta a prescindere il “re” del popolo romanista orfano di simboli sul campo. Lui sa di esserlo e ne sfrutta tutti i vantaggi: ammissioni di responsabilità zero, è sempre colpa di qualcos’altro, che siano gli arbitri o i giocatori.
I Friedkin, tornati ieri allo stadio, gli hanno affidato le chiavi del progetto e continueranno a puntare su di lui. Il piano è già stato deciso: si cambieranno più titolari possibili, ammesso che la società riesca a venderne tanti. I giocatori sembrano aver staccato la spina già da settimane, in molti sanno di essere sul mercato. Le partite e i risultati a cui stiamo assistendo sono quindi la naturale conseguenza di una situazione che non sembra avere vie d’uscita prima del mercato. (…)
FONTE: Il Tempo – A. Austini