Mourinho è sempre sul pezzo. Martedì sera era alla Cidade do Fotebalo, in Portogallo, per ritirare il premio “Quinas de Ouro“, organizzato dalla federcalcio lusitana. Ha diretto l’allenamento al mattino, è partito per Lisbona e si è preso qualche giorno per staccare la spina, perché tornerà a Trigoria alla ripresa degli allenamenti, fissata per lunedì prossimo, quando comincerà a preparare la partita contro l’Inter, senza undici giocatori ancora impegnati con le Nazionali.
Ieri, ultimo giorno di lavoro della settimana, a dirigere la seduta c’erano i suoi collaboratori. Mourinho ha ricevuto il prestigioso riconoscimento federale per la vittoria nella Conference League della passata stagione e per i suoi ventidue anni di carriera da allenatore.
Sabato 1° ottobre a San Siro seguirà la partita dalla tribuna, l’espulsione contro l’Atalanta gli è costata un turno di squalifica. Nello stadio dove ha festeggiato il Triplete da quando è tornato in Italia ha sempre perso (due volte contro l’Inter, una con il Milan), ma ci tiene a fare bella figura contro quei tifosi che ancora lo rimpiangono. Una vittoria a Milano metterebbe nei guai Simone Inzaghi e certificherebbe la crisi dell’Inter. José non ha rimpianti per l’espulsione di domenica, fa parte del suo modo di vivere il calcio che non vuole cambiare: “Non è una novità per me, ne ho prese molte, rispecchia il mio modo di essere e di allenare. Non voglio cambiarlo“.
La stagione appena cominciata non è facile, ma Mourinho non ha perso le sue ambizioni, anche se sottolinea sempre il gap con gli avversari che cercherà di colmare: “Lo scorso anno abbiamo fatto quello che nessuno si aspettava, quest’anno cercheremo di fare meglio. Non abbiamo lo stesso potenziale economico dei nostri rivali, abbiamo fatto un mercato con sette milioni di euro spesi, ma abbiamo qualità, passione, un ambiente con tante persone a cui piace lavorare insieme. E questo è molto importante. Poi a fine stagione vedremo”. Il suo futuro è ancora tutto da scrivere, anche se ha un altro anno di contratto con i Friedkin.
FONTE: Il Corriere dello Sport – G. D’Ubaldo