José Mourinho ha dimostrato che per battere il Feyenoord e sollevare una coppa, è stato meglio affidarsi al calcolo e alla razionalità. Ma a undici mesi dalla finale di Tirana, è cambiato tutto. È diversa la competizione, è diversa la Roma, è diverso il Feyenoord. La sensazione è che, proprio come tra le nubi di Rotterdam, possa bastare un alito di vento a spostare l’equilibrio verso la semifinale.
Meglio tenere i nervi saldi, allora. Al de Kuip, temutissimo per l’impatto intimidatorio, Mourinho ha già perso nel 2016. Quella sconfitta per 1-0, all’inizio del torneo 2016/17, gli portò fortuna: il Manchester United avrebbe vinto l’Euroleague, tra l’altro con Chris Smalling come pilastro difensivo.
Mourinho, arrivato in sala stampa con l’aria corrucciata, chiarisce: “Noi vogliamo sfruttare la nostra migliore qualità, che è l’equilibrio. Non siamo la squadra più forte d’Italia e nemmeno di questo torneo, anche se possiamo ancora vincerlo. Dobbiamo affrontare l’andata con la giusta dose di attenzione. La Roma è umile e lo è anche il suo allenatore“.
Gli chiedono un confronto rispetto a Tirana. Mourinho replica alla sua maniera, stizzito: “A me non interessa la squadra che abbiamo battuto in quella finale. Il ricordo della partita è solo nella coppa che vedo esposta ogni giorno a Trigoria. Il ricordo permanente è del Feyenoord, a quanto leggo, non mio“. Se la Roma passasse, centrerebbe la quarta semifinale europea nelle ultime sei stagioni.
Per Mourinho sarebbe invece la dodicesima in carriera: “Ma io penso partita per partita. Devo pensare a creare delle difficoltà a una squadra che gioca aggressiva e ha qualità“. Un cronista di Rotterdam vorrebbe conoscere la sua opinione sullo stadio: “Qui una volta ho perso, lo so. Ma se c’è un clima ostile è un peccato per i tifosi, che non possono venire in sicurezza ad assistere a una partita. È un problema che voi in Olanda dovete risolvere. In campo però non ci saranno problemi, l’atmosfera non condizionerà le squadre“.
FONTE: Il Corriere dello Sport – R. Maida