Stai a vedere che il vero bomber alla fine è Luciano Spalletti. Al di là di certe fibrillazioni caratteriali (le testate sul desk della conferenza stampa nello stadio Olimpico nel post Roma-Palermo – dopo una domanda a suo dire poco opportuna – non gli hanno fatto fare un figurone), il tecnico ci sa fare, e questo non lo scopriamo oggi. Le sue squadre producono sempre un calcio offensivo, quindi tanti gol (in Italia, va detto, quasi mai portano alla vittoria se non hai una fase difensiva equilibrata). Che si giochi con un attaccante di razza come quest’anno o che si opti per un modulo senza bomber di riferimento come accaduto nello scorso girone di ritorno, da quando Lucio ha sostituito Garcia sulla panchina giallorossa. La soddisfazione del tecnico non è mai totale: anche domenica sera non si è fermato ai baci e ai quattro gol che la sua squadra ha messo in cassa. Ha rimproverato tutti, da Salah a Dzeko, fino a El Shaarawy, da quale pretende – tanto per dire – più forza nei contrasti. «Non è importate chi fa gol, è importante che si faccia gol». Una frase, griffata Lucio, datata 2005, che va bene anche oggi. Un credo mai smentito negli anni: segnava tanto la sua prima Roma, segna molto questa e, secondo l’allenatore toscano, potrebbe anche segnare di più. Ad esempio Dzeko che è il miglior tiratore d’Europa con 49 conclusioni verso la porta, di reti ne ha realizzate solo 8 in nove partite. La sua prima esperienza a Roma (2005/2009) ha fatto registrare queste cifre: 224 partite giocate (coppe comprese) 121 vittorie 53 pareggi e 50 sconfitte con 423 gol segnati e 273 incassati, 416 punti totali, 1,86 a partita, con 1,88 media gol a gara. Nelle 35 giocate da gennaio scorso (32 reti segnate in 14 gare stagionali, 23 in campionato come nel 2013 e due in meno del campionato ‘60-‘61), siamo a 21 vittorie, 8 pareggi e 6 sconfitte, 79 reti realizzate, 42 subite, per 71 punti complessivi, 2,03 a partita, con la media di 2,25 reti per gara. Poi all’interno di queste partite, ci sono delle microstorie meno positive, vedi le rimonte subite, certe sconfitte molto pesanti e così via. Ma il dato comune è la bellezza del calcio offensivo e la sua produttività. Con o senza bomber di riferimento. Il riferimento deve essere la porta, per tutti. Anche se quest’anno la porta la centrano non tutti, ma solo alcuni.
IL LEADER ORA “BROCCOLO” – Spalletti ha sempre sognato di giocare con un centravanti alla Higuain. Un giocatore con forza e spunto per il gol.Ma per un motivo o per un altro, quel calciatore non ce l’ha mai avuto. Ed ecco che all’epoca è nato il finto centravanti: Francesco Totti, che oggi rimpiange quei tempi e tra una battuta e l’altra (ospite ieri al Grande Fratello) ricorda di aver «fatto la fine dell’ottavo nano Broccolo, scartato e messo in panchina perché scarso». No, scarso mai, Francesco è solo vittima dell’età. Totti è uno che ha garantito una media ventina di gol a stagione nel periodo spallettiano (oggi ci si deve accontentare dei suoi due gol e sei assist in sole 8 apparizioni), e un numero di assist consistente. Al fianco Francesco aveva un altro che, faceva meno gol di lui ma era bravo a creare situazioni da rete, Mancini. Nella vecchia Roma di Spalletti alla fine segnavano tutti, qui fanno molto gli attaccanti. Anche l’altra sera, ad esempio, a parte Paredes, sono andati in rete Salah, Dzeko ed El Shaarawy. Questa Roma in attacco, con Dzeko e Salah, sta ritrovando proprio Mancini e Totti. Ma l’esclusiva del gol nel reparto offensivo fa riflettere Spalletti sul rendimento degli altri. Per adesso, ad esempio, mancano le reti di Nainggolan che, in otto presenze in campionato e tredici complessive, non ha segnato ancora un gol, realizzato solo un assist, stesso dicasi per Florenzi, che ha messo segno una rete solo in Europa League. A quota uno anche Strootman, a mezzo Manolas. Spalletti pensa: se finisce la vena degli attaccanti, cosa si fa? Per adesso si gode l’ispirazione di Salah e Dzeko, che si scambiano gol e assist, mostrando di non essere egoisti. L’egiziano ha messo 4 palle gol, Edin, oltre ad aver segnato otto reti (1 in meno di Batistuta nel 2000/’01, 4 più di Pruzzo nell’ 1982/’83 e di Amadei 1941/’42), ha mandato i compagni davanti alla porta in altrettante occasioni e questo Bati non ce l’aveva nel dna. Momo & Edin, gemelli diversi con un bomber ispiratore: Spalletti.
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