(Nati il 7 giugno) – Il 6 novembre 1966 Roma era illuminata da uno splendido sole e riusciva difficile conciliarlo con le (ancora) rare immagini proveniente da Firenze, dove solo due giorni prima l’Arno aveva scatenato l’apocalisse. All’Olimpico, contro i giallorossi, il Bologna vince 3 ad 1. Si trattava della squadra che da due anni prima aveva trionfato, sotto la guida di Fuffo nostro, contro l’Inter, nell’unico spareggio del campionato a girone unico mai disputato per l’assegnazione del titolo di Campione d’Italia. Spareggio. Perché, se qualcuno lo avesse dimenticato, il regolamento della Federcalcio prevede la possibile revoca o non assegnazione di un titolo, ma riconosce un solo possibile campione. Quel giorno ero presente allo stadio a pari di una moltitudine di persone. Oggi invece le gradinate sono tristemente deserte, grazie ai provvedimenti, adottati da chi gestisce l’ordine pubblico.
Esattamente 50 anni dopo – nonostante i riti voo-doo l’inflazione di infortuni ai difensori, i giocatori scelti da quell’incompetente di Sabatini, messi in campo sempre con il solito modulo da Spalletti, priva dei tanti campioni in erba mandati a rinforzare le dirette concorrenti come il Sassuolo, con i dirigenti incapaci di seguire l’esempio dei geniali omologhi interisti, numericamente insufficiente – la Roma ha dilaniato un Bologna che aveva deciso di non scansarsi. Tripletta di Salah, uno dei tanti bluff del mercato della Roma.
A proposito dello scansarsi, però, non vedo perché un mio amico che scrive sulle pagine di questo giornale, debba meravigliarsi. Chieda a qualche suo collega come possano anche i sedicenti tifosi esultare per la sconfitta della propria squadra, arrivando a minacciare i propri beniamini in caso di impegno.
P.S. Ci sarà mai un’occasione nella quale Marchegiani, nel dubbio, possa dare ragione alla Roma?