Due lettere spedite da Boniperti a casa Viola. La prima a Donna Flora: “La prima quando morì papà. L’altra quando mamma diventò presidentessa della Roma. Righe eleganti e affettuose“, spiega Ettore Viola.
Non dimentica quei favolosi anni 80 in cui l’ingegnere sfidò la Juve dell’avvocato e del presidente Boniperti. Non c’è più traccia del righello: “Che ha fatto la storia. Papà lo fece tornare al mittente, con il biglietto: “Tienilo pure, Giampiero il geometra sei tu”. La polemica sul gol buono di Turone non finì mai“.
Ma che cosa scatenò suo papà? “Già prioma di prendere la Roma ha voluto rivaleggiare con gli Agnelli. Da imprenditore. Non nelle auto, nella meccanica. La sua Simmel, contro la Fiat. Da non crederci. Poi puntò tutto sulla squadra. Non voleva più la Rometta della dolce vita, ma la prima nemica dei più forti in Italia. Boniperti si trovò di mezzo e cominciò a dedicarsi a mio padre, accettando il piano deciso dalla proprietà”.
Quale? “La Roma è pericolosa. Non si deve rinforzare. Va ostacolata in ogni affare. E quando non è possibile, bisogna prendere il giocatore scelto da Viola”.
Suo padre come si difese? “Non fu semplice. Prese Benetti dalla Juve proprio per far capire allo spogliatoio quale fosse la mentalità bianconera. Vincente e determinata. Ma cominciarono subito i dispetti. Con Boniek”.
Lo prese la Juve. Perchè? “Incontrammo Zibì in albergo a Roma. Papà poi si appoggiò addirittura alla Nunziatura Apostolica. Andai io a Varsavia, Boniek era già d’accordo. Il giorno dopo, a casa sua, mi disse: “Non posso dire di no alla Juve”. Agnelli aveva chiamato in Polonia e mosso Boniperti”.
Quando finì la rivalità tra i due? “Mai. E durò undici anni. Ma sempre con signorilità e garbo, anche da Boniperti. Che chiamò mio padre dopo l’aggressione, con accanto mia madre, all’uscita della tribuna autorità. Si scusò, anzi di più. Poi però ci ha negato sia Gentile che Trapattoni. E chiamò il presidente del Verona per far saltare il trasferimento di Elkjaer”.
FONTE: Il Messaggero – U. Trani