Nello stato di WhatsApp ha messo il Colosseo illuminato dal sole. Antonio Carlos Zago ha vissuto a Roma quattro anni, a cavallo tra due secoli: dal 1998 al 2002. Ha giocato nella squadra dello scudetto, dopo essere stato uno dei perni della difesa di Zeman. Brasiliano di origine italiane, da Roma è come se non se ne fosse mai andato. Torna ogni anno e un giorno vorrà viverci, ora che ha perso un legame fortissimo con il Brasile: nove giorni fa è scomparsa ha perso la madre Odete e anche la sua nuova compagna Alessandra ha origini italiane. Alla madre era molto legato, è morta a 69 anni per un infarto, non ha potuto nemmeno farle l’ultimo saluto. Oggi Antonio Carlos vive in Giappone. E’ l’allenatore del Kashima Antlers, la più forte e titolata squadra nipponica, Zago è l’ultimo di una lunga tradizione di allenatori brasiliani, dal Giappone si racconta come non ha mai fatto prima.
Bella la foto del Colosseo… «L’ho fatta l’ultima volta che sono venuto, a dicembre, tornerò presto, appena sarà possibile. A Roma è rimasto il mio cuore»
Ora sei in Giappone, una nuova esperienza… «Sono stato già qui come giocatore 25 anni fa, conosco bene la cultura giapponese, come vivono. E’ un popolo molto organizzato, cerco di adattarmi subito dove lavoro. Ho accettato con entusiasmo di tornare, avevamo fatto la preparazione in ritiro al sud, due allenamenti al giorno. Poi abbiamo continuato a lavorare a Kashima, prima di fermarci. Passo il tempo libero con la famiglia, ogni tanto vado a Tokyo, che dista un’ora da qui».
Il mondo del calcio sta provando a ripartire… «Penso che sia giusto, bisogna trovare un rimedio, all’inizio è giusto giocare a porte chiuse, ma dovrebbero riprendere tutte le discipline sportive».
Appena si tornerà in campo il Kashima sarà la squadra da battere… «E’ il club più importante, come la Juventus o il Milan da voi. Gli Yokohama Marinos è l’altra squadra più forte». (…)
La vita va avanti e ora hai una nuova famiglia… «Vivo con Alessandra e due figli piccoli, Domenico e Ottavio, tre anni e un anno e mezzo. Anche Alessandra ha origini italiane. Vorremmo vivere a Roma. Era il sogno di mio nonno: tornare un giorno in Italia. E’ morto 40 anni fa. Quando ho avuto l’opportunità di andare in Italia, mio padre era felicissimo. Mio nonno faceva l’agricoltore, aveva ettari di terreno e coltivava cotone e ca? è, a Presidente Prudente. Mio padre faceva l’autotrasportatore, mia madre casalinga. Anche io sono nato e ho vissuto lì fino a otto anni».
A Roma ti ha voluto Zeman… «Ho ricordi bellissimi, ho passato anni importantissimi della mia carriera. Dopo Zeman ho avuto Capello, da entrambi ho preso qualcosa. Zeman nella fase o? ensiva è stato tra i più grandi, Capello era un fenomeno nel gestire il gruppo e tatticamente era bravo. Poi ho avuto Lucescu, bravo anche lui. Con Zeman ci divertivamo, purtroppo non riuscivamo a vincere, cosa che poi abbiamo fatto con Capello, che ha avuto una squadra più forte». (…)
Ha qualche rimpianto? «Avrei voluto chiudere la carriera a Roma e magari continuare da allenatore, sarebbe stato un sogno. Se un portoghese che ha una avuto un’esperienza grandissima in Europa allena la Roma un giorno anche un brasiliano può farlo. Con quella Roma avremmo potuto vincere anche l’anno dopo e anche in Europa. A Liverpool ci fu un arbitraggio vergognoso, avremmo potuto arrivare in finale. L’altro rimpianto è non aver giocato un Mondiale. Nel ‘94 ero nel gruppo, ho preso un pugno in faccia durante una partita una settimana prima della convocazione ufficiale e sono rimasto fuori. E anche nel 2002 ho perso il treno». (…)
FONTE: Il Corriere dello Sport – G. D’Ubaldo