José Mourinho ha ottenuto la stragrande maggioranza dei suoi successi puntando sulla difesa a quattro, con cui ha messo le fondamenta dei suoi primi venticinque trionfi in carriera. Quello numero ventisei – la vittoria della Conference League alla guida della Roma – è arrivato invece con la retroguardia a tre. Morale: nella vita è lecito cambiare, tanto più che un tecnico, per catechismo lavorativo, dovrebbe adattarsi alla rosa che ha a disposizione.
Vero che uno come lo Special One è stato quasi sempre abituato a farsi costruire le squadre a propria immagine e somiglianza, ma un vulcano come il portoghese non si ferma mai e così, dopo averla provata anche col Tottenham, anche nella scorsa stagione, fino alla partita in trasferta contro il Venezia, in autunno, il mantra era sempre quello della difesa a quattro.
Poi la svolta, che lentamente ha cominciato a produrre frutti. Naturalmente, in tante occasioni Mourinho l’ha riproposta a partita in corso, sempre quando si doveva recuperare il risultato, e molte volte l’effetto benefico sul gioco offensivo si è visto. Inutile dire che durante la fase di preparazione lo Special One l’abbia preparata con cura così come il sistema di gioco di base e perciò non sorprende l’efficacia dimostrata due giorni fa contro la Juventus.
C’è da aspettarsi che Mourinho da ora in poi torni a puntare sul prediletto 4-2-3-1? Non proprio. Il mantra della solidità difensiva resta fondamentale per il suo stile di gioco, ma è innegabile che, con la qualità che in questa stagione la dirigenza gli ha messo a disposizione nel reparto avanzato, la tentazione di sfruttarla al meglio prende quota.
FONTE: La Gazzetta dello Sport – M. Cecchini