Attaccare gli spazi per sfruttare gli sbilanciamenti difensivi altrui e ripiegare in fase difensiva per dare copertura e assistenza al terzino di competenza, quello che lavora sulla stessa fascia. È ciò che viene chiesto di solito nei manuali di calcio ad un esterno offensivo (nel 4-2-3-1) ed è esattamente la sintesi della partita di Diego Perotti, la carta a sorpresa che Luciano Spalletti ha calato sul prato verde di San Siro. Proprio mentre tutti si aspettavano l’ex El Shaarawy (un po’ per il recente cambio di gerarchie, un po’ per la sua maggiore propensione al sacrifico), l’ago della bilancia (almeno finché non ha dovuto arrendersi ad una distorsione alla caviglia sinistra) è stato proprio l’argentino. Bravo in fase offensiva a sfruttare gli spazi lasciati spesso e volentieri da De Sciglio e in fase difensiva a fare spesso il quinto difensore, dando aiuto a Juan Jesus a contenere Suso e le sovrapposizioni dello stesso De Sciglio.
A TUTTA FASCIA La mossa vincente della Roma, dunque, è stata proprio il Perotti a tutta fascia. Nei primi venti minuti l’argentino ha imperversato, regalando la palla del possibile 2-0 a Salah, colpendo un palo (su deviazione di Donnarumma) e mettendo dentro un pallone tagliato delizioso (alla fine i cross saranno 4), sui cui né Dzeko né Salah sono arrivati a chiudere a colpo sicuro. In più quel lavoro di grande sacrificio nei ripiegamenti e nelle copertura delle linee difensive, tanto che alla fine l’argentino è stato quello (insieme a Juan Jesus e Paredes, che però hanno giocato tutta la gara) che tra i giallorossi ha recuperato più palloni di tutti, 7. Di questo lavoro ne ha beneficiato lo stesso Juan Jesus, ma anche tutta la Roma. E soprattutto, ne hanno pagato le conseguenze proprio Suso e De Sciglio e cioè i due che sulla catena destra del Milan mettevano all’inizio le ansie maggiori a Spalletti. Poi, è ovvio, sulla scia di questo lavoro immenso, Perotti ha perso anche 10 dei 43 palloni giocati. Ma in quel tipo di prestazione lì, è una sfumatura. Debolissima.
IL TRIDENTE La chiave della vittoria della Roma, però, è stata anche un’altra e cioè la posizione dei due esterni offensivi, Perotti e Salah, tutti e due schierati molto alti, praticamente all’altezza di Edin Dzeko, con quel 4-2-3-1 di partenza che è diventato spesso un 4-2-1-3 (con Nainggolan ancora in campo). Questo ha prodotto soprattutto un effetto e cioè che i rispettivi terzini rossoneri (De Sciglio a destra e Vangioni a sinistra) fossero sempre impegnati negli uno contro uno contro i propri avversari, impedendogli così di «stringere» nell’aiuto al rispettivo difensore centrale per la marcatura su Dzeko, il centravanti giallorosso che anche ieri ha dimostrato tutta la sua importanza non solo nel finalizzare (doppietta) ma anche nelle sponde e nel far salire la squadra. Tra l’altro, Perotti e Salah così alti hanno avuto anche un effetto importante in fase di pressione nel momento in cui il Milan è andato a impostare. Così Donnarumma spesso si è trovato come soluzioni a dover ripiegare o sull’appoggio a uno dei due centrali (quello libero dalla copertura di Dzeko) o sulla palla lunga su un attaccante o sue una delle due mezzale, visto che Nainggolan era a uomo su Sosa, il regista deputato da Montella a costruire il gioco rossonero. E i risultati si sono visti. Come il 4-1 finale.