Siamo una famiglia. Lo abbiamo sentito ripetere in decine di occasioni. Basta dunque essere una famiglia per ottenere i risultati? Forse. Perché se tutte le squadre fossero una famiglia, alla fine chi vincerebbe? Non può essere un’equazione matematica. Basti pensare alla Roma dell’ultimo scudetto dove nello spogliatoio un aeroplanino non gradiva troppo (eufemismo) le scelte di Capello o, anche, la turbolenta notte della vigilia della penultima di campionato a Napoli. Per certi versi ce lo sta confermando pure questa Roma.
Non tanto per il caso Karsdorp, quanto per le due anime contrastanti che si sono evidenziate negli ultimi giorni. Con Tiago Pinto che ha cercato di spiegare perché la Roma non può spendere sul mercato che è sembrato sì un messaggio alla piazza ma pure al suo allenatore. E con Mou che ha risposto attraverso i suoi ventriloqui di fiducia mettendo all’angolo il general manager (perché questo è stato) facendoci sapere che Dybala, Wijnaldum, Matic e Belotti sono arrivati a Trigoria grazie a lui, per tutto il resto chiedete a Tiago.
È il quadro di una famiglia in cui più che remare tutti dalla stessa parte, ognuno va per conto suo. Se poi i risultati sono quelli di queste settimane, che si continui pure. Ma la sensazione è che un chiarimento sia necessario. I Friedkin continuino a stare in silenzio, ma facciano sentire la loro voce. Del resto è o non è il capofamiglia quello che deve risolvere i problemi?
FONTE: La Repubblica – P. Torri
Ritardo Nervosa Affonda Roma Vina Espulso Mourinho Attende Piano Friedkin