Se tre indizi fanno una prova Fonseca dovrà cercare di sfruttare la sosta per la nazionale per rifinire la preparazione atletica della sua squadra. Come già accaduto a Verona e poi con la Juventus, anche a Udine i giallorossi hanno condotto le danze per un tempo e mezzo per poi abbassare il proprio baricentro e dar la sensazione agli avversari di poter ottenere un risultato migliore rispetto a quello che stava indicando il campo fino a quel momento.
Così il Verona ha portato a casa un punto (che poi sono diventati tre), la Juventus è riuscita addirittura a pareggiare in 10 uomini una gara che doveva essere chiusa dalla Roma molto prima e che poteva essere nuovamente indirizzata verso la vittoria se le forze avessero assistito i romanisti nel finale della gara, e la tremebonda Udinese del primo tempo, proprio dopo il vantaggio della Roma – quando si pensava che lasciando maggiori spazi di movimento ai giocatori della Roma, oltretutto stavolta rinfrescati dalla scelta dell’allenatore portoghese di inserire prima Perez e poi Kluivert, il distacco potesse aumentare – è riuscita a ribaltare l’inerzia della partita arrivando a spaventare almeno in un paio di occasioni l’attentissimo Mirante.
Gli indicatori che parlano Se ora nessuno degli osservatori esterni è in grado di dire perché il lavoro atletico svolto dei giallorossi non abbia ancora dato i suoi frutti e comunque renda non ancora brillantissimi i muscoli dei giocatori, l’allenatore potrà comunque domandarsi come dal punto di vista tecnico e tattico dovrà lavorare per evitare, anche quando le forze atletiche si abbassano, di concedere tanti spazi agli avversari. A naso, la soluzione sembra soprattutto una: anche se psicologicamente la squadra tende ad abbassarsi dopo aver raggiunto il risultato che sta cercando e comincia a giocare anche con il tempo invece di giocare solo con lo spazio, Fonseca dovrà cercare di convincere i suoi uomini che è proprio quello il momento in cui bisogna aver la forza soprattutto mentale di ribaltare il destino.
Non è possibile ad esempio, aldilà del miglioramento se non altro psicologico della condizione degli avversari, che la Roma abbia in ribasso tutti i suoi indicatori qualitativi nel secondo tempo, dal possesso palla (passato dal 61% della prima frazione al 52 della seconda), alla precisione dei passaggi (in vistoso calo dal 90% top del secondo quarto d’ora di gioco fino al 79 dell’ultimo), passando per la distribuzione dei lanci lunghi (da 1 nel primo quarto d’ora del secondo tempo a 20 nell’ultimo quarto d’ora ) e soprattutto all’intensità del pressing con un clamoroso crollo nei passaggi concessi per azione difensiva, dai 3,7 di inizio secondo tempo (si veda al proposito l’azione nelle grafiche accanto) al pauroso 79 di fine gara. (…)
FONTE: Il Romanista – D. Lo Monaco