Estranei nella competizione nella quale una volta eravamo padroni, la Roma lascia ancora troppo presto la Coppa Italia sotto i colpi di un Milan apparso più squadra rispetto ai giorni di Fonseca e rimpiange un po’ la mira sottoporta e un po’ l’atteggiamento rinunciatario che come succede sempre in trasferta ha tenuto a freno per buona parte del primo tempo ogni iniziativa.
Usciamo di nuovo ai quarti, per la sesta volta in otto anni, le altre due sono state agli ottavi, molto spesso per mano di squadre inferiori (Cremonese, Spezia, Fiorentina, Torino), a volte arrendendosi prima del tempo a squadre dello stesso livello o superiori.
La semifinale non si raggiunge da otto anni, la finale dal famigerato 26 maggio del 2013. L’ultimo successo, il nono, nel 2008, una vita fa. Resta adesso solo l’Europa League per provare il brivido di contare qualcosa e tra una settimana c’è l’esame del Porto, intanto in campionato bisognerà provare a riguadagnare posizioni per restituire dignità ad una stagione che per ora ne ha avuto poca.
Il Milan l’ha vinta con la maggiore qualità, con la maggiore intensità dei suoi uomini, con l’idea più offensiva di gioco e con i nuovi acquisti perché nel momento più importante – dopo la doppietta di Abraham nel primo tempo e il gol di Dovbyk ad inizio ripresa – ha messo Gimenez e Joao Felix e uno ha servito all’altro l’occasione per il gol che ha definitivamente chiuso la partita. Con un brivido, l’ultimo: l’autogol di Reijnders alla mezz’ora della ripresa ad anticipare Pellegrini, poi annullato per un fuorigioco di Dovbyk.
Nel primo tempo la Roma ha pagato soprattutto l’atteggiamento rinunciatario dei primi venti minuti, quando ha lasciato l’iniziativa al Milan abbassando il baricentro nella propria trequarti e invitando quasi i rossoneri alla proposta offensiva continua. Loro se la sono presa l’occasione di pascolare senza troppi rischi nella metà campo avversaria, quasi sorpresi di tanta grazia, quasi increduli di fronte alla prospettiva di sfruttare l’evidente qualità tecnica dei giocatori schierati con il 433 da Conceicao, felici comunque di non dover concedere nulla (o quasi, come vedremo in cronaca) ed evitare dunque nuovi crash test per la difesa che continua a non convincere.
Il portoghese ha abbassato Fofana in regia chiedendo a Musah e Reijnders di aggiungere fantasia alle manovre sulla metà campo, togliendo magari punti di riferimento troppo statici. Così i tre giravano e scambiavano posizioni con gli attaccanti, Jimenez (lo spagnolo, non il messicano appena arrivato dal Feyenoord, in panchina come Joao Felix e Sottil, gli altri nuovi acquisti rossoneri) e Pulisic, con Abraham boa centrale. Dietro invece seconda presenza consecutiva per l’altro neo arrivato, Walker, con Tomori e Pavlovic e Theo Hernandez a sinistra.
Ranieri non se l’è sentita invece di dare continuità tattica alla linea a 4 in difesa schierata con ottimi risultati col Napoli, forse non fidandosi troppo della magari ridotta mobilità di Hummels rispetto a Mancini (squalificato) e inserendo ancora Celik come terzo centrale, di fatto replicando la formazione schierata a fine dicembre in campionato col 352, con Ndicka a completare la difesa, Saelemaekers ed Angeliño sulle fasce, il terzetto di metà campo composto da Koné, Paredes e Pisilli, e due attaccanti davanti con Dybala a girare alle spalle stavolta di Shomurodov, schierato a sorpresa al posto di Dovbyk, in panchina con Pellegrini (e ci risiamo…), Cristante e tutti i nuovi acquisti, Rensch, Gourna-Douath, Salah-Eddine e Nelsson.
Schieramento prudente e atteggiamento timido, combo micidiale che in casa la Roma non assume mai, spinta magari dal pubblico (poco potevano fare i 3000 romanisti confinati come al solito nel terzo anello, altissimo nello stadio gelido, e pure scompattati dalle solite coperture di plastica che chiudono pezzi di settore, chissà perché). Se la spinta deve venire invece dalla propria mentalità stiamo freschi. Prevale ancora nella testa dei romanisti l’idea che bisogna prima pensare a non prenderle, così nell’attesa dei primi venti minuti la Roma ha solo abbaiato in ripartenza, ma il Milan ha morso, con il protagonista ovviamente più temuto, l’ex di turno, Abraham.
La cosa avvilente è che seppure nelle sparute ripartenze, le occasioni la Roma le aveva anche create, in particolare all’8’ con un lancio a tagliare la difesa del Milan di Paredes per Pisilli che aveva torreggiato per Shomurodov che però ha clamorosamente steccato la conclusione dal limite, e poi con un altro assist di Paredes stavolta per Dybala che isolato di testa aveva colpito senza troppa forza passando di fatto il pallone a Maignan.
Ma la partita appunto la faceva il Milan, con punte di possesso palla del 70% e dai e dai ha trovato il gol semplicemente occupando l’area con tanti uomini, arrivando al 16’ al tiro da fuori area di Reijnders, con la respinta di Svilar laterale dove Theo è stato rapido ad arrivare prima di tutti e a rimettere in area con un lob morbido perfettamente impattato da Abraham e indirizzato con la giusta forza all’angolino.
Così la Roma ha improvvisamente provato a cambiare l’inerzia della gara, e c’è riuscita, a conferma del fatto che la qualità dei giocatori potrebbe consentire strategie più ambiziose anche in trasferta e non solo per reazione ad un risultato negativo. Al 23’ un bel tiro di Shomurodov su assist corto di Dybala è stato prima bloccato e poi mollato da Maignan, ma la palla è scivolata oltre la traversa. Al 24’ su un angolo battuto male dalla Roma Theo ha sprecato una ripartenza 5 contro 2 e subito dopo Dybala ha sprecato la ripartenza 4 contro 4.
Al 26’ Tomori ha anticipato Svilar di testa, ma ha mandato oltre la traversa, poi è stato uno show della Roma: al 30’ Pisilli ha preso la traversa deviando di testa un bel cross di Angeliño, al 31’ Dybala ha costretto Maignan ad allungarsi a sinistra per deviare in corner, al 36’ Angeliño ha servito Shomurodov, ma sul piattone aperto Tomori ha salvato in extremis e al 40’ lo stesso assist di Angeliño è stato addirittura lisciato da Dybala quando il pari sembrava fatto.
E invece è arrivato a sorpresa il 2-0, su un errore di Pisilli, una ripartenza guidata da Musah, l’infilata di Theo vanamente inseguito da Dybala (…) e l’assist per Abraham, mentre Hummels sbagliava la direzione del suo tentativo d’intervento e Celik tentava un fuorigioco in ritardissimo. Tammy non ha sbagliato e nonostante una punizione di Dybala ben calibrata (deviata da Maignan) si andava all’intervallo ingiustamente sotto di 2.
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FONTE: Il Romanista – D. Lo Monaco