Il “Fattore O” domani galleggerà sul San Paolo come una promessa di meraviglie. Ospina (David) contro Olsen (Robin). Quattro mani protese per provare a prendere un pallone e non deludere quei tifosi che, lentamente, si stanno innamorando dei due nuovi portieri di Napoli e Roma.
Il colombiano e lo svedese hanno parecchio in comune. Innanzitutto si trovano al centro di una rivoluzione, visto che i due club hanno cambiato totalmente il reparto. Sia David sia Robin hanno dovuto giocare innanzitutto contro un’eredità ingombrante. Ospina sta provando a far dimenticare un giocatore amatissimo come Reina, un vero leader dello spogliatoio, lasciatosi anche in modo poco sereno con la dirigenza. Olsen invece è stato chiamato a sostituire Alisson, il portiere più pagato della storia del calcio, che il Liverpool ha acquistato per 62 milioni di cartellino più 10 di bonus.
David Ospina, comunque, non è l’ultimo arrivato. Invece, a Napoli è stato inizialmente considerato tale. C’era scetticismo nei suoi confronti perché con l’Arsenal aveva giocato poco lo scorso anno in Premier (ma tanto, e bene, in Europa League) e poi perché, come detto, doveva sostituire Reina. Ancelotti lo ha mandato in campo per la prima volta contro il Milan e lo ha affidato alle cure di Alessandro Nista affinché il colombiano non perdesse fiducia in seguito alla disfatta contro la Samp. Del resto, Ospina è uno abituato alle pressioni ed anche alle rotazioni. Anzi, paradossalmente, la panchina gli ha fatto bene perché dopo essere rimasto a guardare con la Fiorentina, ha scalzato Karnezis e, dopo aver riposato ad Udine, si è fatto trovare pronto, prontissimo, contro il Psg. Anche mercoledì in Champions, infatti, ha effettuato diverse parate importanti, seppur stilisticamente rivedibili, continuando ad alimentare il paragone con Garella.
Problemi di concorrenza, invece, Olsen non ne ha davvero. D’altronde, dopo un inizio un po’ difficile proprio come adattamento al nostro campionato ed al calcio richiesto da Di Francesco – col portiere sempre molto alto per accorciare la squadra e consentire alla difesa di non abbassarsi – di partita in partita il rendimento dello svedese è stato sempre più efficace. Non è un caso, in fondo, che Olsen sia stato tra i migliori in campo sia sabato scorso nella sconfitta interna contro la Spal, sia martedì nella rotonda vittoria all’Olimpico contro il Cska. La parola d’ordine tutto sommato è una sola: affidabilità. Quella che lo svedese sta mostrando ogni giorno di più, peraltro anche nel gioco coi piedi, che sembrava uno dei punti deboli rispetto all’eccellenza rappresentata da Alisson e da altri ex come Reina e Szczesny.