Partite di Seria A, coppe europee, film e serie tv. Tutto su un’unica piattaforma per soli 12 euro al mese. Un business da 60 milioni di euro all’anno. La Guardia di Finanza, coordinata dalla procura di Napoli, ha avviato le indagini nel 2015, partendo dal basso, dai sodali italiani di un’organizzazione internazionale che ha condotto i militari fino in Grecia. Un’indagine coordinata all’estero da Eurojust ed Europol, che alla fine si è incrociata con un’inchiesta su server all’estero della Polizia postale.
Ieri mattina la Guardia di Finanza ha staccato la spina alla diffusissima piattaforma streaming Xstream Codes, in un maxi-blitz messo a segno anche dalla Polizia contro le iptv illegali, 700mila utenti erano online.
Ma sono 5 milioni i potenziali clienti. Anche loro rischiano: multe fino a 25mila euro al mese e la reclusione da sei mesi a 3 anni, visto che gli investigatori, come hanno spiegato il colonnello Giovanni Reccia, comandante del Nucleo speciale tutela della privacy e frode tecnologica, e il comandante dei gruppi operativi, Gianluca Berruti, intendono risalire agli «abbonati» attraverso la traccia ip, l’indirizzo dell’apparecchio collegato a internet e le carte con cui sono stati effettuati i pagamenti.
LA CHAT Da una stima, scrive il gip, nel decreto di sequestro, risulterebbero «oltre 90 server attivi». Benvenuti in famiglia, gruppo Skype con 213 utenti, ad esempio, funzionava come un servizio clienti: «In tale chat – si legge nel decreto – venivano scambiati messaggi inerenti il sistema Iptv e i partecipi si adoperavano per fornire i crediti, previo pagamento, a tutti gli altri ed informare circa lo stato dei lavori sui vari server».
L’indagine diretta dal procuratore di Napoli, Giovanni Melillo riguarda 25 persone, tra cui due greci. Uno di loro, Christos Papaoikonomu, ritenuto l’inventore e il gestore della piattaforma, è stato arrestato a Salonicco aveva con sé 110mila euro in contanti. I membri dell’organizzazione predisponevano e gestivano all’estero gli spazi informatici attraverso i quali ritrasmettevano il segnale dei Sky, Dazn, Netflix. Una fitta rete commerciale, con basi in Lombardia, Veneto, Campania, Puglia, Calabria e Sicilia, acquisiva illegalmente i pacchetti di contenuti e li rivendeva. Sono otto gli ordini cattura europei di indagine eseguiti simultaneamente in Olanda, Francia, Grecia, Germania e Bulgaria dalle rispettive polizie giudiziarie.
I reati ipotizzati sono associazione a delinquere finalizzata alla riproduzione e commercializzazione illecita di Iptv con la circostanza aggravata del reato trasnazionale. A livello internazionale, attraverso le Agenzie europee Eurojust ed Europol, la Polizia postale ha disarticolato la complessa infrastruttura tecnologica. Potentissimi i Server posizionati all’estero che consentivano la diffusione del segnale in tutta Europa.
LA TECNOLOGIA I contenuti protetti da copyright venivano acquistati lecitamente, come segnale satellitare, dai vertici dell’organizzazione (le cosiddette sorgenti). Successivamente, attraverso la predisposizione di una complessa infrastruttura tecnica e organizzativa, vengono poi trasformati in dati informatici e convogliati in flussi audio/video, messi quindi a disposizione di una fitta intelaiatura criminale, di una rete capillare di rivenditori e utenti finali, dotati semplicemente di connessione internet domestica e apparecchiature idonee alla ricezione (come l’ormai noto Pezzotto). Le più recenti stime parlano infatti di danni per più di 800 milioni di euro.
Soddisfatto il presidente della Lega serie A Gaetano Micciché che si complimenta per l’operazione: «La pirateria è una piaga che drena risorse altrimenti investite e alimenta circuiti malavitosi. Solo in Italia i danni economici e di impiego superano il miliardo di euro».
FONTE: Il Messaggero – V. Errante