Zaniolo che marca visita a due giorni dalla trasferta di Genova. Il sospetto che voglia evitare l’umiliazione della panchina. L’irritazione crescente di Mourinho per un rapporto padre-figlio che stenta a decollare. Azioni e reazioni disegnano una coazione a ripetere che addensa di nubi il futuro del talento giallorosso.
Il campionato che sta per chiudersi è per Nicolò una parabola decadente, che contraddice la naturale evoluzione della sua potenza in atto. Lui resta potenza allo stato puro, come due, tre, quattro anni fa. L’atto non si vede in nessuno degli appuntamenti che contano. Tra le cose che invece si vedono c’è una fasciatura sul ginocchio, che somiglia a un gesso. Due infortuni a catena, lunghi diciotto mesi, non sono un accidente facile da dimenticare.
Zaniolo a tratti somiglia al più del branco, che giochi d’estate sulla spiaggia e pretenda di risolvere da solo la contesa. Il suo incaponirsi in imprese egocentriche cresce parallelamente all’oscurasi del suo animo. L’effetto che si produce è l’isolamento dal gruppo. Più lui gioca da solo, meno lo cercano i compagni. Meno palloni riceve, più fa fatica a muovere.
Il problema non è tanto il ruolo, che pure nessuno sembra attribuirgli con certezza. Crediamo che Zaniolo resti il miglior talento del calcio italiano, il più potente, il più tecnicamente dotato, ancorché il più fragile di carattere. Possiamo chiederci cosa possono fare l’allenatore, il club, il sistema calcistico per impedire che risorse del genere coì significative vengano sciupate.
Siamo convinti che Zaniolo meriti un sostegno personalizzato. Un tecnico come Mourinho non può arrendersi alla sregolatezza del genio. Un manager moderno e avveduto come Friedkin non può gettare alle ortiche un tesoro. Qualcuno aiuti il soldato Nicolò!
FONTE: Il Corriere dello Sport – A. Barbano
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