Uno sceglie di fare (attenzione: non di diventare) il portiere per il gusto di avere una maglia di un colore diverso rispetto ai suoi compagni. Oppure perché lui e soltanto lui, entro certi limiti, può toccare il pallone con le mani. Oppure semplicemente per volare. Con il corpo, certo, ma anche con la mente. Il portiere non è un calciatore: è un artista. Ma come: non erano semplicemente dei pazzi? La pazzia, lo racconta la Storia, è parte integrante, se non la base, di tanti geni dell’arte. E là dov’è l’arte, si sa, nulla è impossibile. Anche volare da un palo all’altro per smanacciare un pallone. Un po’ quanto è riuscito a fare, a pochi secondi dal fischio finale di Rizzoli, il polacco Wojciech Szczesny sul quel veleno di Ocampos diretto all’incrocio dei pali. Una paratona; una di quelle che ti ricorderai per tutta la stagione; un’opera d’arte. O no? «Lui è un trequartista», l’ha elogiato Luciano Spalletti, «uno di quelli che hanno l’intuizione giusta, che in qualsiasi momento ti fanno la giocata». Esatto. La regola della parata è (apparentemente) semplice: osservare la partenza del tiro, valutare in meno di un attimo cosa fare e quando farlo (il volo della mente…) e poi muoversi con tutto se stesso verso il pallone. Detto così, tutti potrebbero fare (non diventare…) il portiere. In realtà, la faccenda è un pochino più complicata, perché la tempistica, prima della tecnica, è un puro dono di natura. Sulla tecnica tu puoi lavorare, puoi affinarla, puoi migliorarla; ma l’istinto, la follia sono cose che, come il coraggio di Don Abbondio, se uno non ce l’ha non se lo può dare.
FOREVER NIANG – Il coraggio di Szczesny, riferito alla paratona di Marassi, è piazzare la manona guantata sotto la traversa e usarla per portare a Roma tre punti. Sbarrando così per la settima volta nel girone d’andata la propria porta. C’era una volta una Roma che beccava quasi sempre almeno un gol a partita; c’è oggi una squadra che nelle ultime cinque partite di campionato ha subìto soltanto due reti, contro la Juventus e contro il Chievo. Il trequartista Szczesny ci ha messo molto del suo per limitare i danni, indossando i panni e i guanti dell’artista anche su quel calcio di rigore neutralizzato all’Olimpico a Niang. Un altro tuffo da tre punti, a (ri)pensarci bene. Un’altra opera d’arte. Londra è ancora lontana; inutile, per ora, fare calcoli e ipotesi. Il futuro è Udine e basta, tutto il resto è noia