Ralf Rangnick torna a far parlare di sé perché la Roma lo ha inserito nella lista dei candidati stranieri al ruolo di primo direttore sportivo dell’era Friedkin. Tre dirigenti di altissimo profilo – con un passato nella Roma – hanno commentato questa ipotesi. Secondo Umberto Gandini: «Indubbiamente è un personaggio che sa autopromuoversi. Di sicuro sa scovare talenti e valorizzarli. Con lui si volterebbe davvero pagina, cominciando un progetto nuovo a medio termine. Si capisce che uno come Rangnick pretende carta bianca. Certo, il calcio italiano ha delle specificità tutte sue. Tutto dipende, però, dai piani dei proprietari. Soprattutto in una piazza come Roma, credo che conti la chiarezza. Bisognerebbe dire ai tifosi, magari, che occorrerà tempo per avere una squadra vincente».
Questo invece il parere di Giampaolo Montali: «Non credo che la questione di venire da una cultura calcistica diversa dalla nostra possa essere un problema. Io sono passato dalla pallavolo al calcio fino al golf senza difficoltà. Rangnick parla di lavoro di squadra. Giusto. Essere leader è importante, ma bisogna anche saper delegare. Naturalmente, le perplessità ci sono. Ad esempio, in carriera ha fatto senz’altro tanto, però da allenatore d’importante ha vinto relativamente poco. Nello sport, tra vincere e andarci vicino c’è differenza».
Più scettico invece Walter Sabatini: «A prescindere dalla levatura del personaggio, di cui parla la storia recente, dopo il Milan mi sembrerebbe una scelta di seconda mano, che in ogni caso risolverebbe non bene un problema per aprirne un altro. Se arrivasse uno come lui, Fonseca si dovrebbe dimettere. Per tutti gli allenatori, a meno che abbiano poca personalità, lui sarebbe una specie di tutor ingombrante. Si dice che crei ricchezza, ma ha avuto anche la Red Bull alle spalle. E poi il calcio italiano ha le sue specificità. Avete visto cosa è successo a Monchi, che ha fatto benissimo al Siviglia e ha subito ricominciato a farlo, mentre a Roma ha avuto difficoltà».
FONTE: La Gazzetta dello Sport