La leadership è la capacità di guidare un gruppo, anche in modo carismatico, al successo. E la tribolata Roma che si appresta a vivere questo intenso finale di campionato ha bisogno più che mai di una guida salda. Senza mai mettere in discussione quella di Paulo Fonseca, in campo la leadership ha un nome e un cognome: Edin Dzeko.
L’ha espressa in quasi tutti gli spogliatoi che ha frequentato, è il capitano della Bosnia e dopo l’addio di Florenzi gli è stata consegnata anche la fascia di capitano della Roma. Fonseca ricomincia da lui in questo nuovo inizio. E non potrebbe essere altrimenti visto che in questo momento Dzeko è la Roma.
È il capocannoniere della squadra con 12 gol, una marcatura ogni 177′. I 93 tiri tentati verso la porta, in Serie A solo Cristiano Ronaldo ne ha provati di più (126), fanno di lui il terminale di quasi tutte le azioni offensive ma questo non significa che sia un attaccante egoista.
Guardando la sua heatmap è chiaro come si muova su tutto il fronte dell’attacco creando varchi dove i trequartisti possono infilarsi e, spesso, approfittare delle sue imbucate. Piedi da trequartista con fisico da centravanti che si fa valere nei duelli aerei, una specialità visto che ne ha vinti 101 in questa stagione (nessuno ha fatto meglio in Serie A).
Se lui sta bene la Roma gira, per questo Fonseca non rinuncia mai al suo bomber che infatti ha saltato solo le gare di Coppa Italia – per squalifica – e quelle contro Wolfsberger e Cagliari, dove per la prima volta Kalinic si è dimostrata un’alternativa degna di questo nome segnando una doppietta.
Per il croato la partita contro la Sampdoria di un girone fa è stato il momento peggiore perché aveva l’opportunità di “rubare” la scena all’amico (le famiglie si frequentano nel tempo libero) e invece si è rotto la testa del perone costringendo Dzeko a scendere in campo con la maschera appena 13 giorni l’operazione allo zigomo. (…9
FONTE: Il Romanista – D. Moio