E’ l’uomo che corre da fermo: cioè, è uno di quelli che percorre più chilometri (di media 11 a partita), ma sembra che non si muova. Steven Nzonzi è così, lo dice la sua stazza, le sue leve da polipo, il suo andamento lento. Quello che gioca a uno, due tocchi: prende il pallone, te lo dà, lo rivuole e te lo ridà. Dici, a che serve? Creare movimento, sposta le squadre avversarie. Oggi, per i risultati e per come sta giocando la squadra, pare non serva a niente. E non è il solo. Questo incantesimo dovrà finire se la Roma vorrà risalire la classifica. Nzonzi si è sudato la Roma e Monchi ha sudato un po’ per prenderlo. La Roma aveva bisogno di un centrocampista fisico in grado di dare fiato a De Rossi, o di prenderne il posto nel famoso 4-3-3, che poi è sparito. Non Nzonzi. Né De Rossi (infortunio a parte). Ed ecco che gli incompatibili, Daniele e Steven, si sono ritrovati a fare coppia, quasi da inseparabili. A un certo punto, inseparabili anche nel 4-3-3, basti ricordare la notte di Madrid, con il francese a fare la mezz’ala. Faticava lui e tutta la Roma (sostituito dopo sessanta minuti da Schick al Bernabeu).
MODULI DIVERSI – Nei due del 4-2-3-1 funziona meglio, anche se da lui – in generale – ci si aspetta qualcosa di più. «L’importante non è tanto iniziare bene, quanto finire bene», discorso che Steven ha fatto per la Roma, ma vale anche per se stesso, il primo a sapere che i margini di miglioramento sono ampi. «So che l’ultimo francese a vincere lo scudetto con la Roma è stato Candela. Spero di emulare Vincent il più presto possibile». Domani Nzonzi giocherà da titolare la sua terza partita di Champions con la maglia della Roma addosso. Sarà ospitato allo stadio Lužniki, a Mosca, dove tre mesi e mezzo fa alzò la Coppa del Mondo con la Francia (contro la Croazia) di Deschamps. La scorsa estate non era il cardine della Francia, ma solo uno dei tanti, uno che nella finale con la Croazia è entrano al 10’ della ripresa al posto di Kantè. Qui ormai è diventato un indispensabile, invece, anche perché è stata azzerata la concorrenza. Con De Rossi o senza De Rossi, il centrocampo si regge sulle sue gambe.
Il suo arrivo è stato accolto con un certo entusiasmo. Umore cambiato appena la Roma ha ceduto Strootman e tanti non hanno capito, compreso la convenienza, né per una questione di età (Nzonzi ha due anni in più dell’olandese) né per una questione economica (26 milioni più 4 di bonus sono finiti nelle casse del Siviglia, 25 più 3 di bonus sono arrivati dal Marsiglia). La questione è che i due non sono paragonabili, starebbero stati bene insieme nello stesso centrocampo. Per ora Nzonzi è uno Strootman senza la verticalizzazione; Kevin al momento è diventato un giocatore spaesato lontano dalla Capitale. DiFra ha rimesso al centro il francese, sperando che la squadra riprenda a girare, almeno come ha sempre fatto in Champions. In casa, non in trasferta: fuori, la Roma di Di Francesco, ha ottenuto un pari col Chelsea, una vittoria con il Quarabag. E poi sconfitte a Madrid, a Barcellona, a Donetsk, a Liverpool e quest’anno al Bernabeu. Domani si va a Mosca, almeno lì, Nonzi, ha vinto. Questo può essere un indizio e un augurio.