La rivoluzione ha la faccia di un brasiliano che ha cambiato la storia del mercato della Roma, non fosse altro perché Bruno Peres s’è appiccicato addosso l’etichetta di difensore più pagato nell’era Usa. Tredici milioni e mezzo tra prestito e obbligo di riscatto, che poi fu la stessa valutazione del cartellino di Benatia, con dei bonus che porteranno presto il brasiliano in testa alla classifica: è un dato simbolico, in controtendenza, utilissimo a spiegare quanto la Roma abbia deciso di puntare su un ragazzo che ha conosciuto Trigoria con almeno quattro anni di ritardo. Meglio tardi che mai. Meglio per Spalletti, che lo ritiene già un insostituibile. Destra, sinistra, modulo a tre o difesa a quattro: poco sposta, tutto ciò che si allontana dal centro del campo passa dalle parti di Bruno Peres.
FANTASISTA – Tanto vero che a volte chiedergli pure di dare un’occhiata a cosa succede dietro diventa quasi una lesa maestà. «Ma io so anche difendere» disse lui in fase di presentazione. Non è stato preso per questo: se sia giusto o meno lo dirà il tempo, ma alla Roma è arrivato perché in grado di coprire due fasce con quella propensione offensiva da che Spalletti ama chiedere ai suoi laterali. Il tecnico chiede la fantasia, agli esterni, convinto com’è che le partite si sblocchino e dunque si vincano da quelle parti. E allora non si sbaglia mica tanto a chiamare Bruno Peres fantasista. Fantasista, sì, perché non c’è da stupirsi se la fonte del gioco gioca largo sulla fascia, se i suoi piedi – nei pensieri di Spalletti – partoriranno molte delle idee offensive della squadra. Accadeva così per Cafu, per Maicon non è stato poi così diverso. Bruno Peres va in scia, il curriculum lo spiega bene: nel campionato scorso ha regalato al Torino 28 cross utili (terzo in A) in 31 presenze. Significa che almeno una volta a partita mette in condizione un compagno di tirare in porta con un pallone messo in mezzo.
JOLLY – Una benedizione per gli attaccanti, un jolly da giocarsi il più possibile che Sabatini provò a portare a Roma già nel 2012, quando Bruno Peres giocava ancora nel Santos. L’affare non decollò, la divisione del cartellino del brasiliano non era di semplicissima lettura. Ma che sia rimasto fisso nella testa del d.s. è un dato certo, se è vero che almeno una telefonata per ogni sessione di mercato partiva da Trigoria in direzione Torino. Le operazioni Ljajic e Iago Falque sono state l’occasione da non farsi sfuggire. A Sabatini è scappato un sorriso, stavolta, una volta conclusa l’affare: era destino che le strade dei due si incrociassero. La Roma tutta era scritta da qualche parte, lui che in Brasile, con l’Audax, ha avuto Antonio Carlo Zago come allenatore, il primo a dargli fiducia con continuità come esterno di fascia: da lì il salto al Santos, il no al San Paolo, l’approdo al Torino e l’inizio di una storia tutta italiana, che domenica contro la Sampdoria vivrà un altro capitolo. Perché dopo la rivoluzione c’è necessità di governare.