Impresa giallorossa. Per la ottava volta nella sua storia, la Roma è arrivata a una semifinale internazionale. Ci sarà tempo per chiedere di meglio al gioco, per pensare al Manchester United e alla voglia di rivincita per quel 7-1 del 2007, ad alimentare sogni e ad esorcizzare fantasmi. L’Olimpico, stavolta, è solo l’emozionante culla della squadra del risorto Paulo Fonseca, che supera il turno grazie a un 1-1 santificato dalle reti di Brobbey e soprattutto di Dzeko.
Il piano gara è chiaro: squadra corta, palla agli olandesi e aggressioni rapide solo quando l’Ajax gioca all’indietro. Ne viene fuori un primo tempo con un possesso palla avversario superiore al 73% e una differenza nel numero di passaggi impressionante: 329 a 126. Problemi? Quasi nessuno. La partita, però, diventa rock già al 4’ della ripresa.
L’idea dell’Ajax è semplice: invece della ragnatela, perché non verticalizzare dal basso? Lo fa subito Schuurs per il neo entrato baby Brobbey, classe 2002, che s’infila tra Cristante e Mancini, scavalcando Lopez, uscito male. È il vantaggio olandese e la Roma sbanda, e per poco Alvarez non ne approfitta per il bis. In realtà, all’11’ gli olandesi raddoppierebbero con Tadic, ma la Var richiama l’arbitro per un fallo iniziale di Tagliafico su Mkhitaryan.
Ma già al 27’ la Roma pareggia in una ripartenza ben innescata da Mkhitaryan, si ritrova Calafiori a galoppare sulla sinistra: il suo cross, deviato da Gravenberch, arriva sui piedi di Dzeko, che segna il 117° gol in giallorosso, con una zampata sotto misura. Quanto basta perché il fischio finale sia liberatorio, come le lacrime di Mancini sul prato. Bene così. La Roma può essere discussa, ma ora è fra le grandi d’Europa.
FONTE: La Gazzetta dello Sport – M. Cecchini