La Roma di Mourinho è crollata in Friuli, sulla soglia dell’ipotetica fuga per il primato: è stata mortificata da una formidabile Udinese, che l’ha agganciata in classifica e demolita nell’autostima, non solo sotto il peso dei quattro gol incassati da Rui Patricio, che finora era stato battuto solo dallo juventino Vlahovic. Stavolta José l’affabulatore ha dovuto riporre il ghigno sornione, anche se forse si può immaginare che un po’ se lo aspettasse, a rileggere a posteriori le sue parole sulle insidie della partita e sulla rosa incompleta di fronte ai troppi infortunati.
Ma nessun alibi preventivo può valere in questo caso, tanto meno quello dell’arbitro, punzecchiato alla vigilia dall’allenatore della Roma: Maresca ha certamente pasticciato, però non ha affatto condizionato la partita, in cui il solo Dybala ha acceso a lampi un gioco sincopato e spentarello.
Il condizionamento più evidente, semmai, va ascritto allo stratega avversario, che ha indovinato tutto, dalla formazione iniziale ai cambi, ma in particolare la scelta di portare Mourinho sul terreno a lui più sgradito.
La Roma di solito aspetta volentieri di essere attaccata e ferisce chi si sbilancia. Qui ha dovuto fare l’esatto contrario, gestendo il pallone in prevalenza: a difesa dell’Udinese piazzata e a centrocampo intasato ad arte, la manovra avvolgente avrebbe avuto bisogno di ben altro ritmo.
FONTE: La Repubblica – E. Currò