Missione compiuta. La Roma archivia virtualmente la pratica Europa League vincendo in trasferta la sfida tra capolista, quella che la opponeva all’Austria Vienna, grazie a un convincente 4-2, materializzatosi grazie a una doppietta di un gigantesco Dzeko, e ai gol di De Rossi e Nainggolan, che hanno fatto seguito al vantaggio iniziale dei padroni di casa per opera di Kayode e all’inutile sigillo conclusivo di Grünwald. Morale: se i giallorossi pareggeranno in casa la prossima partita col Viktoria Plzen si saranno già assicurati il passaggio del turno, e se vinceranno blinderanno addirittura il primo posto nel girone con una partita d’anticipo. Per avviare tale pratica di beatificazione, comunque, la squadra di Spalletti – come un purosangue sulla carta più forte dei rivali – decide di partire a handicap cominciando il match così come aveva concluso l’andata: subendo l’iniziativa degli austriaci. E sì che di handicap i giallorossi già ne accusano parecchi con l’assenza per infortunio di Manolas, Florenzi, Vermaelen, Emerson, Seck, Mario Rui e Totti. Nonostante tutto, però, il divario tecnico fra le due squadre è così palpabile che il successo – il 5° in 26 partite dell’era Usa – alla fine non sorprende, così come la fragilità di una retroguardia che in Europa ha subito 50 gol nelle ultime 24 partite.
RE DZEKO – Per vincere senza problemi, Spalletti si appoggia sul solito attacco super, anche se deve inventarsi una Roma tutta nuova, con De Rossi centrale in una difesa a quattro – Bruno Peres pencola utilmente tra difesa e mediana – mentre in attacco, alle spalle del solito decisivo Dzeko, tocca a Perotti traslocare a destra con El Shaarawy a sinistra e Nainggolan guastatore sulla trequarti, pronto ad abbassarsi in fase di non possesso, se serve, al fianco di Paredes e Strootman. All’inizio, però, si paga dazio alla disattenzione, quando un cross da destra di Venuto produce un mezzo pasticcio fra Alisson e Rüdiger, liberando Kayode per un facile tocco in porta. È appena il 2’, ma si capisce subito che i giallorossi stavolta non hanno voglia di complicarsi la vita a lungo e così basta una ottima percussione a destra sulla verticale Paredes-Peres per innescare un buon cross del brasiliano che trova Dzeko pronto ad anticipare Rotpuller e a segnare il pari. Sono passati tre minuti e la squadra non alza il piede dall’acceleratore, grazie soprattutto a un pressing alto che manda in difficoltà il palleggio dei viennesi, pronti solo a cercare l’uno contro uno di Venuto su Juan Jesus, stavolta attento nel contenimento. Al 18’, poi, i giallorossi sono già in vantaggio grazie a una specie di gollonzo: su angolo di Paredes, infatti, il colpo di testa di Dzeko viene respinto sulla linea da Martschinko che però inciampa sul portiere in caduta e regala palla a porta vuota a De Rossi per il bis. A quel punto, si capisce che il faticoso giro palla austriaco produrrà poco di buono, e così non sorprende che i padroni di casa vadano al tiro solo con Grünwald su punizione.
ASSIST DA FARAONE – Nella ripresa la Roma non abbandona il pressing alto, trovando il Faraone e Paredes pronti a lanciare negli spazi Dzeko e Perotti a ogni recupero palla. L’ex genoano al 5’, infatti, tira sul portiere in uscita un ottimo assist dello stesso Paredes (4’), così come un minuto più tardi è Dzeko, servito da El Shaarawy, a farsi anticipare da Hadzikic. Ma è solo la prova generale del tris, che giunge sempre grazie a un buon pallone del Faraone per il solitario bosniaco, che sigla sulla ribattuta dopo che il primo tiro aveva colpito il palo. È il 20’ e la partita è finita, ancor prima che Nainggolan sigli il poker sfruttando un pasticcio della retroguardia viennese (33’). A quel punto il fuoco sacro svanisce, tanto che al 44’, su una ribattuta della difesa, Grünwald trova dal limite il corridoio per il raddoppio. Notato come gli arbitri si perdano un colpo di Rotpuller a Rüdiger da prova tv, c’è da segnalare la passerella che il doppio ex Prohaska ha fatto all’intervallo. «Spero che la Roma vinca lo scudetto», dice applaudito dai duemila romanisti. Possibile, ma c’è ancora da lavorare.