«E’ arrivato il tiki-taka…». Scherza, sì, ma non troppo Gonzalo Villar rivedendo le immagini del gol di Mkhitaryan a Bologna. Un esempio perfetto di quello che, con un neologismo social, è stato definito il “fonsechismo”. Dopo meno di un anno di master, Villar è passato da studente imberbe a stimato professionista. Era un giovane senza pedigree, si sta calando nella relatà italiana con garbo ma anche con giustificata ambizione. Di questo passo – lo scrivono in Spagna – riceverà la chiamata di un altro allenatore passato per la Roma, Luis Enrique, che ora di mestiere fa il ct della nazionale spagnola.
Stiamo correndo troppo? Forse. Ma la partita di Bologna, di cui Villar è stato ottimo interprete, impone alcune osservazioni. La Roma ha tanti centrocampisti diversi tra loro. E Villar ha qualità che altri non hanno, nel ruolo. La prima: è un regista che salta l’uomo, merce rara. La seconda: ha una lucidità nel palleggio ammirevole. Difficilmente sbaglia la scelta nella giocata. Può sbagliare la misura, certo. Ma non il concetto. E’ questo elemento ad aver conquistato piano piano Fonseca, che pretende un gruppo di giocatori essenzialmente coraggiosi. Villar, già da quella prima volta a Reggio Emilia contro il Sassuolo, ha fatto capire di non temere nulla.
Ha anche dei difetti, il ragazzo. Il tiro in porta, per dire, non è il suo forte: non a caso, nella B spagnola, ha segnato solo 3 reti in 70 partite. E pensare che da piccolo, nel Real Murcia, giocava centravanti. Ma il resto è davvero sorprendente per un ragazzo di 22 anni che fino a gennaio non aveva mai giocato in un campionato di prima serie. Studiando da un idolo speciale, in tv, cioè don Andres Iniesta, Villar ha assimilato i tempi di gioco, la capacità di ribaltare in fretta e furia l’azione, l’idea di collettivo davanti al personalismo. (…)
FONTE: Il Corriere dello Sport – R. Maida