Improvvisamente, sembra non esserci più niente. Anzi sì, i tifosi: in parecchie centinaia anche ieri a Torino, come a Plzen, come a Firenze, hanno cantato per un’ora dopo la fine della partita, orgogliosi dell’appartenenza nonostante lo sfacelo. Il resto è vuoto, desolazione, persino rassegnazione. E siamo solo a settembre. La Roma «degli alti e bassi» o delle «menti malate» si sgretola sotto l’uragano granata, dove Iago Falque sembra Gareth Bale e rinforza il fatalismo di chi già dava tutto per scontato: sono ora 27 i gol incassati da ex romanisti negli ultimi 10 anni.
COMMIATO – Ma in un club che sembra un aeroporto, tra partenze e arrivi su ogni fronte, sta preparando l’uscita di scena anche l’uomo della continuità, il burattinaio del mercato, la mano fumante di sei stagioni controverse, sofferte, incomplete. Walter Sabatini ha dato le dimissioni a gennaio e le ha ripetute adesso, al presidente nel quale non si riconosce più, James Pallotta. Sarà divorzio e forse sarà prima di ogni previsione. Non ci sarà un’altra campagna acquisti firmata da lui che anche ieri, stanco e demotivato, è stato fotografato a testa bassa in tribuna d’onore mentre tanti dei ragazzi che aveva creduto da Roma, da Iago a Castan, da Boyè a Belotti, si accanivano sui campioni tanto celebrati ma poco vincenti che frequentano oggi Trigoria.
ATTESA – L’addio alla Roma sarà ufficiale a breve. E’ lo stesso Sabatini ad anticiparlo fuori dagli spogliatoi, mentre si confronta con il vice Massara e anche lì, con l’immancabile sigaretta, abbassa lo sguardo sconsolato. «Sulla partita non devo aggiungere molto – spiega, con un sorriso carico di amarezza – ha già detto tutto Spalletti. Ma è meglio che non parli. Dovrei parlare di me. E lo farò presto». Aveva sempre, nel bene e nel male, deviato l’attenzione dal suo ruolo. Fosse quello di talent scout, di direttore sportivo o, come è stato fino a pochi mesi fa, di plenipotenziario. Definiva insignificanti le voci sul suo contratto, che scadrà nel 2017 ma evidentemente verrà stracciato prima. Magari per seguire, quando sarà, la scia cinese che mira a rilanciare il Milan.
ZITTI – In altri tempi sarebbe stato proprio Sabatini a presentarsi davanti alle telecamere per spiegare una sconfitta, o meglio un trend che in trasferta è diventato inquietante: cinque partite tra campionato e coppe, nessuna vittoria. Cercherebbe di giustificare il gruppo, spronarlo. Ieri è rimasto in silenzio. Lui come il direttore generale, Mauro Baldissoni, che è prima di tutto un tifoso e non ha preso per niente bene la disfatta dell’Olimpico, quell’altro. Tutto tace. Nessuno ritiene di dover andare oltre alle accuse che Spalletti, evidentemente in seguito a un confronto con i suoi superiori, ha mosso alla squadra. La posizione dell’allenatore per ora non è in discussione ma con l’Inter e il Napoli alle viste, senza contare l’Astra Giurgiu come palliativo/fastidio infrasettimanale, la Roma è obbligata a reagire alla svelta. Ed è curioso osservare come Spalletti sia stato a lungo corteggiato per il rinnovo contrattuale. Aveva ragione, l’allenatore: saranno i risultati a decidere il suo destino.
FUTURO – Intanto bisogna pensare alla successione di Sabatini. Franco Baldini, richiamato da Pallotta come consulente sia in sede di mercato che di relazioni internazionali, resterà ben lontano da Trigoria. L’idea del direttorio, con Ricky Massara promosso direttore sportivo in una struttura che comprenda i collaboratori Balzaretti, Fioranelli e Vallone, resiste ma non è l’unica. In questo clima di incertezza e di disordine, Pallotta è costretto non solo a pensare a raggranellare i soldi che serviranno chissà quando – a Londra ieri lo hanno raggiunto Gandini e Baldissoni – alla costruzione dello stadio. Ma deve pure individuare un nuovo parafulmine in stile Sabatini perché Spalletti, come Garcia che è ancora sotto contratto, da solo non basta a respingere la tempesta.