Luca Parnasi lascia i domiciliari dopo tre mesi (più uno trascorso in carcere) ma dovrà comunque sottoporsi ad obbligo di dimora e firma (tre volte alla settimana). Il gip Maria Paola Tomaselli ha deciso per il sì pur sottolineando nel provvedimento che per i reati di cui deve rispondere il costruttore, la detenzione non è stata né lunga né vessatoria. Di certo la scelta del magistrato è l’ennesimo segnale che l’inchiesta è davvero agli sgoccioli, almeno per quel che riguarda i rapporti con Campidoglio e Regione Lazio.
LE ACCUSE – Parnasi è accusato di essere la mente di un’associazione per delinquere finalizzata alla commissione di una serie di reati contro la pubblica amministrazione nell’ambito dell’inchiesta sugli illeciti legati alla costruzione del nuovo stadio della Roma nell’area di Tor di Valle. Dopo gli arresti dello scorso 13 giugno, che avevano portato in carcere e ai domiciliari nove persone, tra i quali l’allora presidente di Acea Luca Lanzalone, Parnasi aveva svolto più di un interrogatorio con il procuratore aggiunto Paolo Ielo e la pm Barbara Zuin. Solo dopo il secondo, e dopo una richiesta respinta, il gip aveva deciso di concedere i domiciliari, valutando utili le sue ammissioni sui numerosi pagamenti ai politici finalizzati all’ottenimento di favori per le sue attività e agli appartamenti concessi gratuitamente ad altri politici.
GLI INTERROGATORI – A quell’interrogatorio ne sono seguiti altri, sia sui rapporti con il comune di Roma – passato e presente – sia sui finanziamenti che attraverso alcune fondazioni sarebbero transitati ai principali partiti dell’attuale arco parlamentare a cominciare da Pd e Lega. Ora, il gip scrive nel provvedimento che l’imprenditore avrebbe fornito «un quadro probatorio chiaro»: «Parnasi si è reso disponibile, ha dato chiarimenti» e in generale avrebbe tenuto un «atteggiamento collaborativo».
L’ultima volta, Parnasi è stato convocato a piazzale Clodio due settimane fa. Ha raccontato di avere concesso un appartamento in comodato d’uso gratuito a un politico di Roma (l’ex consigliere di Forza Italia Dario Rossin) nell’ambito di un sistema di favori rivolti ai politici che era poi il cuore del suo metodo di «manager anni 80» come lo definivano i suoi stessi collaboratori. E ha parlato delle richieste, a suo dire respinte, da parte della Soprintendente archeologica Anna Buccellato che gli chiedeva di impiegare alcuni archeologi di sua fiducia per realizzare i sondaggi preventivi nell’area dello stadio.
I PAGAMENTI ALLA POLITICA – Da tempo, l’inchiesta è di fatto divisa in due filoni. Da un lato quello dei finanziamenti ai grandi partiti, sul quale sono in corso ulteriori accertamenti. Dall’altro quello delle regalie, piccoli finanziamenti alla politica locale. L’obbiettivo dichiarato era aggirare la legge per realizzare lo9 stadio di Tor di Valle, grazie alla collaborazione di Luca Lanzalone, braccio destro della Raggi e assoldato da Parnasi come consulente universale. L’elenco delle dazioni è stato consegnato nelle mani degli inquirenti e dei carabinieri del Nucleo investigativo dalla segretaria di Parnasi, Elisa Melegari che, nel corso dell’estate, ha chiesto di essere sentita per poi fornire l’intera agenda dei pagamenti che avvenivano negli uffici di Eurnova: «Il gruppo usava fare erogazioni liberali in favore di politici; avevo i nomi dei beneficiari e l’importo era sempre lo stesso, ossia 4.500 euro. Alcuni, come Ciocchetti, hanno avuto bonifici di 4.500 euro». Nell’elenco ci sono anche Francesco Maria Giro, Adriano Palozzi, l’ex vicepresidente del consiglio regionale del Lazio che si trova ai domiciliari, Davide Bordoni, capogruppo di FI in Campidoglio, e Michele Civita, ex assessore regionale in quota Pd, entrambi indagati. Nel frattempo, James Pallotta ha dato segnali di voler tenere in vita il progetto e alcuni giorni fa ha riunito a Boston americana lo stato maggiore delle sue società, Roma inclusa. L’obiettivo del vertice è stata proprio la valutazione del progetto che, per il momento il Comune ha bloccato, in attesa degli accertamenti interni.