Tutto in ventiquattro ore. Da un possibile anticipo di addio a indizi concreti per una conferma. Protagonista l’uomo che fatto della comunicazione un’arte: Josè Mourinho da Setubal, e chi altri se no. Ricapitoliamo. Sabato, Trigoria, conferenza stampa dello Special One. Annunciata solo 24 ore prima, quando nessuno, nella settimana di coppa, pensava che il portoghese si sarebbe presentato davanti a taccuini e microfoni, come aveva sempre fatto nei periodi da tre partite in sette giorni. Nel momento dell’annuncio, alzi la mano chi non ha pensato che Mou avesse voglia di dire qualcosa che facesse rumore. Così è stato.
Con al centro non tanto gli atteggiamenti di Berardi, quanto la stabilità emotiva dell’arbitro designato Marcenaro e, tanto per non farsi mancare niente, tirando una botta anche a Di Bello il direttore di gara designato per il Var. La considerazione che a caldo ci era frullata nel capoccione è che le parole di Mou potessero essere un anticipo di addio. Perché? Per il semplice fatto che abbiamo più che la ragionevole certezza di come certe accuse contro istituzioni calcistiche e classe arbitrale facciano arrabbiare la proprietà, in particolare il presidente Dan Friedkin. Pensiero malizioso, smentito il giorno dopo.
Ci ha pensato il general manager, diretta espressione della proprietà, Tiago Pinto che nelle non sempre inutili interviste prepartita, si è schierato (quindi pure Dan e famiglia) totalmente al fianco del suo allenatore con parole dure che mai gli avevamo sentito pronunciare. Certificando una nuova unità d’intenti tra proprietà e allenatore dopo mesi di silenzi e incomprensioni. Il tutto al punto che l’ipotesi di quel rinnovo contrattuale che il popolo romanista nella stragrande maggioranza ha chiesto ad alta voce, ora sembra decisamente più possibile. Non ci resta che attendere.
FONTE: La Repubblica – P. Torri