Due ipotesi. Se si torna a giocare (a giugno) il taglio degli stipendio dei calciatori, premi inclusi, sarà di due mensilità, circa 177 milioni. Se non si torna di 355 milioni, quattro mensilità. Così ha deciso ieri l’assemblea dei presidenti, all’unanimità (tolta la Juve che aveva già fatto per conto suo). Ma non è detto che tutti i club applicheranno quei criteri, qualcuno potrebbe tagliare di meno, altri spalmerebbero il danno nel bilancio della prossima stagione come ha fatto appunto il club bianconero. Probabili comunque contenziosi e un braccio di ferro infinito.
Il sindacato calciatori, non essendo contratti collettivi ma individuali, può fare ben poco. Se non dare un indirizzo, e bocciare l’iniziativa dei presidenti, come appunto ha fatto. “E’ solo una provocazione, non ha nessun valore legale” sostiene il vicepresidente dell’Aic (associazione calciatori italiani), l’avvocato Umberto Calcagno, ex giocatore e candidato alle prossime elezioni (con Marco Tardelli). “L’assemblea di Lega non ha alcun potere giuridico sulle contrattazioni, che sono già in atto tra i club e i singoli calciatori. L’intento è quello di mettere in cattiva luce i calciatori, ma gli unici a fare una brutta figura in questa situazione sono proprio i presidenti” insiste Calcagno.
Intanto, sono già in corso le singole contrattazioni con i club. “Spero -dice Calcagno- che si continui a dialogare, come già stava avvenendo squadra per squadra. È chiaro che, se l’atteggiamento di qualche presidente dovesse essere irrispettoso verso i propri giocatori, non è da escludere che si possa arrivare a contenziosi sul dovuto o sul non dovuto. C’è anche la prospettiva, per qualche giocatore, di mettere in mora la società e svincolarsi”. D’accordo ma dove andrebbe mai a giocare di questi tempi? Ci sono club che non hanno pagato nemmeno gennaio e febbraio (e sono tanti): il sindacato sostiene che anche il mese di marzo vada saldato perché sino al 9 si è giocato, poi c’erano calciatori in ferie, altri in malattia. Semmai, spiega l’Aic, per ora si può discutere su aprile, mese in cui tutti ovviamente staranno davvero fermi. Lo scontro fra le parti si annuncia molto duro (e i social hanno deciso, stanno contro i calciatori).
Il balletto delle date, adesso. Per Spadafora si sarebbe potuto tornare in campo già il 3 maggio, Gravina addirittura parlava del 20 aprile. Fra il ministro e il presidente della Figc è stata una gara (speriamo ora conclusa…) a chi ogni giorno, e magari più volte al giorno, “sparava” una data. Serietà vorrebbe che adesso si aspettasse, in silenzio, il parere dei virologi. Senza alimentare confusione e aspettative. Certo, il n.1 del calcio è preoccupato di eventuali, possibili, cause penali se non si tornasse più a giocare. La Lega di A ora non si sbilancia più, almeno ufficialmente, e fa bene: Dal Pino e De Siervo sperano comunque di giocare le ultime 12 giornate, più recuperi, in giugno-luglio ma i problemi da superare sono infiniti.
Il ragionamento (estremo) di qualche stakeholder del pallone è questo: “Se non facciamo finire questa annata, la prossima stagione non riparte di sicuro perché sarebbe bloccata da cause infinite in tribunale. Al limite chiudiamo in inverno e si torna in campo a gennaio del 2021 per la stagione successiva, fermandoci in estate per gli Europei”. Certo, ci vorrebbe l’accordo con Fifa e Uefa: che fare con le Coppe europee? Con i giocatori che devono cambiare squadre? Contratti congelati, e se uno si fa male? Si sceglierebbe il calendario solare e non più sportivo, ipotesi che a Infantino, che ha promesso 2,5 miliardi di aiuti, non spiace affatto. Altro piano, anche questo estremo ma che raccoglie sempre più consensi: portare tutti i giocatori, di tutte le squadre, in ritiro-clausura a Roma per circa 45 giorni, farli allenare e giocare solo ed esclusivamente negli stadi della Capitale (i campi ci sono). Misure di sicurezza e sanitarie eccezionali, impianti a porte chiuse ovviamente, esclusi anche i giornalisti, test sierologici e mascherine per tutti (tranne i giocatori) quelli che entrano, e sono circa 300.
Marcello Nicchi, capo degli arbitri, ha fatto notare inoltre ieri come si potrebbe disputare le ultime gare del campionato 19-20 senza Var: tutti i venti club dovrebbero però firmare una carta che sono d’accordo. Basta che uno che non firmi, si va dritti in tribunale e si blocca la stagione. Nicchi sostiene inoltre che gli arbitri sono ad alto rischio, ed ha perfettamente ragione: proprio per evitare viaggi e contatti a rischio, l’ideale sarebbe mettele in ritiro per un paio di mesi anche a loro a Roma, meglio a Tivoli, senza contatti con nessuno, famiglie incluse. Ma sarebbe possibile? La cosa più saggia, per tutti, è aspettare fine mese: poi si prenderà una decisione definitiva. Ma questa è una situazione drammatica, anche per il calcio, che richiede scelte sino a poco tempo fa impensabili. Ci vogliono uomini forti, non quelli che parlano tre volte al giorno…
FONTE: Repubblica.it