Ormai il mondo del calcio è in riunione permanente. Oggi in Lega di serie A si parlerà del famoso protocollo che dovrà essere applicato per gli allenamenti collettivi dal 18 maggio, lunedì prossimo, e per due settimane nei ritiri blindatissimi. Previsto, in caso di un giocatore infetto, l’”isolamento fiduciario di tutto il Gruppo (scritto in maiuscolo dalla Figc, ndr) per 14 giorni con sorveglianza attiva”. Una responsabilità enorme da parte dei medici sportivi, che sono in agitazione da tempo (e qualcuno potrebbe anche mollare).
Figc ha attivato da oggi “un pool ispettivo della Procura Federale, con il compito di verificare il rispetto delle indicazioni contenute nei protocolli sanitari della Federazione, così come approvati dalle autorità di Governo. Il pool, alle dirette dipendenze del Procuratore, verificherà che gli allenamenti dei club professionistici ad oggi individuali e dal 18 maggio di gruppo, vengano svolti secondo quanto previsto dai protocolli indicati”. Decisione saggia da parte di Gravina che ha sempre evitato “fughe in avanti” di qualsiasi genere (anche se ci sono già state…). Ma per quanto riguarda i ritiri, da lunedì prossimo, entreranno solo persone “negative” al Covid 19 (dai calciatori sino ai cuochi). E sino al 2 giugno non usciranno più. Il problema vero verrà dal campionato che la Lega vorrebbe riprendere dal 13 giugno, o al più tardi dal 20. Lì è impossibile tenere i giocatori in clausura per due mesi.
I rischi sarebbero altissimi. “Se non cambia il protocollo, e si riduce la quarantena ad sola una settimana per contagiato ed esami medici per gli altri che in caso di negatività possano continuare a giocare, sarà impossibile portare a termine il campionato” spiegano molti presidenti. “Anche perchè con 124 partite, spostamenti continui, in 40 giorni è quasi impossibile che non salti fuori un positivo. E in quel caso, addio campionato. La quarantena da giugno va ridotta ad una settimana”, spiegano alcuno presidenti. La Figc aspetta di parlare col premier Conte. E Gravina si augura di poterlo fare in fretta. Nei prossimi giorni ci potrebbe essere una forte presa di posizione dei presidenti di serie A nei confronti del governo. Non ce l’hanno certo con la Figc, che ha dovuto solo uniformarsi alle regole previste dal Cts. Qualcuno si è convinto che queste norme così severe siano solo un escamotage per costringerli a chiudere tutto. Lo stesso pensiero, ieri, del senatore La Russa. Italia Viva, e lo ha ribadito oggi Renzi, è a favore della ripresa del campionato. Il Pd, ha spiegato ieri l’onorevole Patrizia Prestipino alla Camera, vorrebbe che sul protocollo si adottase la linea tedesca.
Più che possibilista il presidente del Coni, Giovanni Malagò: “Il campionato di Serie A ripartirà il 13 giugno al 99,9%”, ha detto a ‘Non è un paese per giovani’ su Radio Due. “Si sta facendo di tutto per rimettere il sistema in condizione di ricominciare. La sfida tra alcuni medici e il Comitato tecnico-scientifico non la capisco. Una volta ricominciato, non so quando finirà, ci vorrebbe la palla di vetro”.
Ma Spadafora è stato chiaro, “i calciatori non sono come le commesse di un supermercato, lì è possibile distanziamento sociale, mascherine, guanti in caso di un positivo. Nel calcio no, è uno sport di contatto”. Il nostro governo non si ispira ai provvedimenti della Bundesliga. Ma se il campionato chiude, l’Erario ci rimette un miliardo e 200 milioni di tasse, tanto paga il calcio. I club rischierebbero di perdere i loro talenti, in fuga verso l’estero, e qualche società, magari, avrebbe addirittura seri problemi per iscriversi al prossimo campionato. Insomma, un disastro. “In Bundesliga ripartono, in Premier e Liga si stanno organizzando per ripredere a giugno: e noi?”: il pensiero diffuso fra molti padri-padroni del nostri calcio. Ma la Lega, comunicati a parte, non sembra affatto unita: la posizione di Pozzo, patron dell’Udinese, ha spiazzato (e deligittimato) addirittura il suo rappresentante in Lega, l’avvocato Stefano Campoccia che ora sarà costretto a dimettersi dal consiglio di Lega. “Io ho cercato di dissuadere Pozzo”, ha detto Campoccia imbarazzato. Ma Pozzo, in una lunga lettera, ha chiesto al governo una forma di scudo penale, per metter al riparo gli amministratori da eventuali azioni legali. L’Udinese minaccia di non giocare (altri club potrebbero essere sulla stessa linea, anche se stanno nascosti) . A Ma Dal Pino e un paio di presidenti hanno pregato Campoccia di lasciare il consiglio. Peccato, l’avvocato Campoccia è un dirigente preparato, che ha fatto molto bene in questi anni ed è esperto anche di stadi.
FONTE: Repubblica.it – F. Bianchi