Sinora si è limitato a sopperire con mosse tattiche vincenti la carenza di acquisti a gennaio: Rudiger terzino, Nainggolan che oscilla tra la posizione di trequartista e seconda punta, Fazio regista difensivo, Peres ed Emerson jolly per le fasce. Il ruolo di ds in campo lo diverte. Ieri però Spalletti è andato oltre. Prima regalando un parametro di valutazione a Nainggolan: «Io direi che vale quanto Pogba. Radja è un calciatore completo, un calciatore forte, una razza di quelle forti. E’ un confronto che regge, c’è qualche anno di differenza con Pogba, ma per quanto riguarda il valore in campo e la sostanza espressa in quello che fa, il paragone ci sta». Poi quando gli viene ricordata una recente intervista rilasciata da Sabatini, nella quale l’ex ds giallorosso ha detto che nella Roma ci sono quattro centri di potere (Roma, Londra, dove c’è Baldini, Boston e la Spagna, del futuro ds Monchi), Lucio decide di vestire anche i panni del dirigente. Con il sorriso sulle labbra, arriva la replica che somiglia tanto ad una stoccata: «Io veramente sapevo che erano cinque. Londra, Boston, Roma, Spagna e il quartiere Torrino, a via di Mezzo Camino, dove abita lui. Perché anche lui è un centro di potere».
ASPETTANDO DEFREL – L’allusione al fatto che Sabatini graviti ancora in orbita-Roma, non lasciando solo Massara, aleggia nell’aria. Lucio la coglie al volo e preferisce precisare «che se stiamo facendo bene in questo campionato, è perché tutti quelli che ci hanno lavorato hanno fatto bene. Quindi anche Sabatini. Di centri d’importanza però ne esiste solo uno: il campo». Ed è proprio grazie al lavoro quotidiano che la squadra è migliorata. Una rosa, però, alla quale manca ancora qualcosa. Spalletti ha individuato la pedina in Defrel che stavolta non menziona ma che lascia intendere come sia lui, il calciatore cercato: «Dice bene Pallotta, invece di parlare degli altri, facciamo i complimenti ai nostri. Se però capiterà qualche giocatore di livello per dare un contributo di qualità va bene. Se non capita restiamo così e siamo competitivi a tutti i livelli». Poi precisa: «Non ci servono calciatori per fare numero. Non siamo poi così pochi, se riusciamo a farli funzionare tutti sono più che sufficienti». Una retromarcia rispetto a quanto aveva asserito la scorsa settimana («Il problema verrà a febbraio con 11 partite in 40 giorni. Lì se non hai il numero non ne esci vivo. Può capitare che tra infortuni e squalifiche non si arrivi neanche a 11 giocatori»). Quasi avesse la sensazione che tra qualche giorno potrebbe essere accontentato.