Un anno fa Luciano Spalletti allontanò Francesco Totti da Trigoria, la mattina di Roma-Palermo, per l’intervista rilasciata alla Rai in cui chiedeva chiarezza e rispetto. Domenica sera, dopo la vittoria contro il Torino, partita in cui Totti è entrato in campo a 7 minuti dalla fine, sul 3-0, l’allenatore ha legato il suo futuro a quello del Capitano: «È naturale rifargli il contratto, anche perché non voglio che smetta con me. Se non resta lui, vado via anche se faccio il triplete». Cosa è successo in questi 365 giorni? In questo campionato – anche per colpa di un infortunio – Totti è stato impiegato per 290’ in 11 presenze, una sola da titolare (Roma-Crotone 4-0, il 21 settembre 2016). Sette volte su 11 ha giocato per meno di 20 minuti. Non ha più un ruolo importante nelle rotazioni. Un anno fa, Spalletti dichiarò: «Gli ho messo a disposizione qualsiasi ruolo. Vuoi fare il Giggs? Siediti vicino a me in panchina. Vuoi fare il Nedved? Preferisci fare ancora il calciatore? Fai il calciatore». Domenica sono improvvisamente sparite le opzioni Giggs (vice allenatore) e Nedved (dirigente operativo) ed è rimasta solo quella di Totti calciatore, sotto la gestione Spalletti.
È curioso: un anno fa Totti voleva a tutti i costi continuare a giocare, adesso sembra tentato di appendere gli scarpini al chiodo. Ha già un contratto da dirigente – con stipendio «apicale» – ma vorrebbe un ruolo operativo e non di semplice rappresentanza. È questo il problema? La frase di Spalletti è stata risposta a un’altra domanda: quella sul suo contratto, che scade a giugno. È una frase che si presta a molte interpretazioni, ma questo l’allenatore lo sa. Molti giocatori, a partire da De Rossi, gli hanno chiesto di prolungare, perché per loro è garanzia di competitività ad alto livello. Spalletti, però, non ha ancora deciso. Prima ha usato la vittoria come condizione per rinnovare, adesso non basterebbe nemmeno un triplete per legarlo alla Roma, in caso di addio di Totti. Totti che, ancora una volta, si trova chiamato in causa in una faccenda che non lo riguarda. Non può essere lui a dare a Spalletti garanzie per i margini di crescita nel futuro. Può solo dare, come ha fatto per 25 anni e 250 gol, il suo amore per la maglia. Quello per cui a molti tifosi (non più tutti) batte il cuore quando sta per entrare, anche al 90’. La Roma ha vinto 10 delle ultime 11 partite, ha segnato 28 gol e ne ha subiti 6. Però non sa chi l’allenerà nella prossima stagione, contro ogni logica di programmazione.