«Se non riesco a vincere me ne vado». Firmato Luciano Spalletti. Il tecnico toscano esce definitivamente allo scoperto in un’intervista rilasciata martedì scorso a France Football che verrà pubblicata dalla rivista transalpina a metà gennaio. Lo fa in modo diretto, reiterando con l’interlocutore il messaggio in più passaggi. Parole che fanno rumore ma che a pensarci bene non sono una novità visto che proprio nel giorno del suo insediamento, Lucio motivò il suo ritorno con la volontà di finire quello che aveva lasciato in sospeso. In una parola: vincere. Inevitabilmente, però, dopo un anno e a sei mesi dalla scadenza del contratto, queste dichiarazioni hanno un sapore e un peso diverso. A settembre era uscito allo scoperto anche il presidente Pallotta («Mi piacerebbe tantissimo che Luciano rimanesse a lungo») ma nemmeno questo assist aveva fatto sbilanciare il tecnico. E così una volta «la penna è nelle mani dei calciatori»; quella dopo «non è che si possa dire a priori, allenando una squadra come la Roma, lo farò per 2-3 anni»; un’altra ancora «il rinnovo dipenderà dal lavoro che riusciremo a fare insieme e da quello che la squadra evidenzierà come comportamenti». C’è sempre una spiegazione, un motivo per rimandare. Eppure lo stesso Lucio all’inizio della stagione si era lasciato andare a frasi ad effetto del tipo 1) «Questa è la Roma più forte che ho allenato» 2) «Roma è l’ambiente ideale per lavorare» 3) «Pallotta è un presidente eccezionale, da lui comprerei anche una macchina usata». Uno scenario del genere dovrebbe essere il prologo annunciato di un rinnovo. Non è così, almeno per ora.
ANCORA TEMPOREGGIATORE – Spalletti è consapevole di avere il coltello dalla parte del manico. Ha la piazza dalla sua parte, sa di essere un ottimo tecnico che impiegherebbe poco, qualora volesse, a trovarsi un’altra squadra. Tuttavia quando parla del suo amore per Roma è sincero. Vuole vincere qui. Si sta però rendendo conto che il gap con la Juventus anziché diminuire sta aumentando. Nel triennio di Garcia mai la Roma a Natale si era trovata così distante dalla prima in classifica. Lo scorso anno, con Rudi già in crisi nera ma con un girone di Champions superato, si trovava a -4. Nella stagione precedente era a -3 e nel 2013-14 a –5. Gli effetti del ko nel preliminare di Champions col Porto sono già stati tangibili nell’ultima sessione di mercato. Dai rinnovi rimandati che ogni giorno che passa ristagnano sempre di più (il più problematico rimane quello di Manolas che per meno di tre milioni netti all’anno, ai quali aggiungere cospicui bonus, non ne vuol sapere di firmare) alla campagna di rafforzamento, che gli ha regalato a fine agosto appena 4 centrocampisti di ruolo mentre le rivali ne possono disporre almeno del doppio. Tralasciando la Juventus che in alcuni ruoli garantisce ad Allegri anche triple scelte, l’Inter in mediana ha sette giocatori. Il Napoli, otto. Il Milan senza coppe, è partito addirittura con 9 uomini. Il Torino e la Lazio ne alternano sei, l’Atalanta otto.
ROSA DA COMPLETARE – L’attuale secondo posto è un risultato che Lucio non sa se potrà garantire alla fine dell’anno se la rosa non verrà ampliata. Servono rinforzi. Anche perché le rivali comprano. Il Napoli riavrà Milik ma ha già acquistato Pavoletti. La Juventus si è assicurata Witsel per adesso e Caldara nel 2018. Anche l’Inter non rimarrà di certo a guardare. Spalletti si accontenterebbe di un centrocampista e un esterno. Il primo profilo sarà ricoperto presumibilmente da Rincon ma il tecnico vorrebbe anche Gomez. Giocatori appartenenti al campionato italiano, senza il bisogno di ambientamento. Pronti subito all’uso. Non lo sarà per giovedì Manolas (lesione bicipite femorale destro: 15 giorni di stop). E rischia di non esserlo anche De Rossi (influenza e risentimento muscolare al polpaccio). Si tenterà il recupero di Nainggolan (noie al soleo della gamba destra).