Spalletti-Sarri 3-1. La sintesi è parziale ma rende l’idea. In una partita appesa ad equilibri sottili, la grande differenza si è vista in panchina. Per nulla turbato dall’emergenza, il giorno prima del match Spalletti aveva promesso che la Roma avrebbe accettato il confronto con il Napoli sul piano della qualità. E’ stato di parola, sfruttando le assenze per rimodellare la squadra: senza ingabbiare il talento di nessuno, ha assegnato a ciascuno precisi compiti da eseguire. Mai come ieri, i giocatori si sono riconosciuti nel loro allenatore per assecondarne la strategia.
TRE E MEZZO – La grande novità stagionale – non assoluta se ricordiamo le prime partite del girone di ritorno dello scorso campionato – è stata la proposta della difesa «a tre e mezzo» come ama definirla il suo elaboratore. Si attacca con tre difensori e cinque centrocampisti, si difende in quattro con una sorta di 4-5-1. Per contenere il Napoli senza consentirgli di respirare, Spalletti ha varato uno schieramento che gli potrà tornare utile molte altre volte, se i giocatori saranno sostenuti da un’adeguata condizione atletica.
MECCANISMI – A Napoli il difensore con il doppio vestito era ovviamente Florenzi, che doveva supportare la manovra partendo venti metri più avanti rispetto agli altri difensori ma al contempo non doveva lasciare scoperta la fascia contro Insigne. Sull’altro fronte Juan Jesus non ha praticamente mai superato la metà campo, limitandosi a respingere Callejon e a rafforzare la pattuglia centrale in fase di impostazione, per prepararsi a disinnescare le (eventuali) ripartenze del Napoli. In pratica nella fase offensiva Perotti si abbassava sulla linea dei mediani e Salah si accentrava affiancando Dzeko in attacco. Con questo equilibrio la Roma non si è trovata in inferiorità numerica a centrocampo, dove anzi Radja Nainggolan ha marcato praticamente a uomo Jorginho, e ha avuto due risorse sulle fasce capaci di costruire la manovra dal basso, senza schiacciarsi contro i difensori di Sarri.
NON POSSESSO – Naturalmente il marchingegno sarebbe saltato se Salah e Perotti non avessero svolto alla perfezione il compito senza palla. Quando il Napoli attaccava con i due terzini, gli esterni offensivi della Roma tornavano a collaborare con i centrocampisti, chiudendo linee di passaggio o comunque mettendo pressione ai portatori di palla. Non sono casuali i tanti palloni recuperati sulla trequarti (oltre a quello decisivo di Salah che ha soffiato il pallone a Koulibaly sulla linea di fondo) che non sempre sono stati sfruttati a dovere da Dzeko, Salah e Nainggolan, come Spalletti ha osservato nel dopo-partita: il Napoli è stato più impreciso del solito nonostante la consueta percentuale altissima di possesso palla (oltre il 57%) perché raramente ha potuto ragionare per studiare una gestione ottimale delle giocate.
SOFFERENZA – La Roma è stata brava a resistere, a parte la distrazione sul gol di Koulibaly, soprattutto quando ha perso i due pezzi che si sono aggiunti ai tanti assenti: Juan Jesus prima, Nainggolan poi. Nel momento in cui è entrato Emerson, un terzino a trazione anteriore come Florenzi, la difesa a tre e mezzo ha lasciato posto definitivamente a un 4-5-1 molto compatto, da cui è nato il tackle di De Rossi che ha lanciato in porta Salah per il gol della sentenza.