Il progetto dello stadio di Tor di Valle affonda tra i ricorsi. Dopo l’annullamento da parte del Campidoglio — allora a trazione grillina — dell’intero iter urbanistico, la Eurnova della famiglia Parnasi e la Cpi del tycoon ceco Radovan Vitek presentano il conto: ritengono di aver ingiustamente perso fino a 291 milioni di euro e tanti ora ne chiedono all’amministrazione capitolina sotto forma di risarcimento danni.
La partita, come ogni aspetto quello che riguarda un tira e molla andato avanti per più di 8 anni, è complessa. Mette uno contro l’altro i proponenti e il Comune. Lascia (almeno per ora) fuori dal contenzioso la Roma dei Friedkin. E si basa su una serie di presunti vizi che renderebbero nullo l’atto con cui è stata innestata la retromarcia su Tor di Valle dopo l’annuncio del club di non voler puntare più sull’area per realizzare la sua nuova casa. A riassumere gli ultimi sono i passaggi chiave dei due ricorsi appena depositati al Tar del Lazio.
Per Eurnova e Cpi quella dello scorso luglio sarebbe una delibera di revoca e non un annullamento in autotutela. Un atto “politico” e non meramente tecnico. Ecco, allora, la richiesta di indennizzo. Secondo i ricorrenti, infatti, la delibera è “confusa e cumulativa di presupposti riconducibili a diverse” norme. In più, altra accusa messa nero su bianco nei ricorsi, il Campidoglio si sarebbe “adagiato acriticamente sulla volontà manifestata da As Roma “rivedendo le proprie posizioni sul progetto “secondo una modalità che potrebbe definirsi ‘capricciosa’”.
Infine un appunto sulle società coinvolte nella procedura. Per Eurnova e Cpi sono due. Diverse. Nei documenti sottoposti al Tar si sottolinea che l’accordo per Tor di Valle nel 2014 era stato sottoscritto tra il Comune e la controllante della As Roma, la As Roma Spv Llc. Nel 2021 invece quest’ultima scompare: a non voler andare più avanti è la As Roma. La società sportiva, non più il suo contenitore. Ora la palla passa ai giudici, che dovranno esprimersi anche sui possibili danni: si va da un minimo di 41 milioni a un massimo di 291.
E la Roma? I giallorossi rischiano di essere trascinati in aula dal Campidoglio, quantomeno per confermare la linea difensiva dell’amministrazione. Se e quando accadrà, a Trigoria si attiveranno una nuova serie di ragionamenti sul futuro. Il Comune non può trattare con una società con cui ha cause in corso. La Roma quindi sarebbe costretta a fondarne una nuova se vuole presentare un nuovo progetto alla giunta Gualtieri.
Un passaggio in più che apre al rischio di nuovi contenziosi. In ogni caso la Roma guarda avanti. Sui ricorsi si limita a un “no comment”. Ma resta la volontà di chiudere presto il nuovo iter per uno stadio sostenibile, senza business park o interventi residenziali. In questo senso l’assenza di una richiesta di sospensiva da parte di Eurnova e Cpi fa sperare che il Comune possa mettersi in tempi brevi al lavoro con il club e individuare l’area per il nuovo impianto giallorosso.
FONTE: La Repubblica – L. D’Albergo