Divertimento e popolarità in cambio di denaro. Lo straordinario mondo in cui la famiglia Friedkin è entrata il giorno in cui ha acquistato la Roma può essere sintetizzato anche con le parole del general manager Tiago Pinto: “Dobbiamo ringraziare la proprietà. Quello che abbiamo investito nel mercato è stato superiore a quello che Dan e Ryan avevano stabilito“. I Friedkin hanno chiaro il fatto che al momento la Roma perde una media di circa 12 milioni al mese, e non è un caso che l’indebitamento al 31 luglio sia salito a 339 milioni, mentre le perdite del bilancio chiuso a giugno, che presto verranno ufficializzate, si aggireranno intorno ai 150 milioni.
La proprietà non ha fatto mancare alcun supporto economico e ha già iniettato denaro in conto aumento di capitale per 248,3 milioni. Il problema è che tra le restrizioni causate dalla pandemia e i ricavi che non decollano, l’inversione di tendenza ancora non c’è. Alla luce di tutto ciò, sfruttando anche i canali con la banca d’affare JP Morgan, i Friedkin da tempo stanno cercando una partnership con cui dividere gli oneri. Un socio, cioè, disponibile a rilevare il 40% del club, ma che intervenga poco nella “governance”. Tra i molti contatti ad esempio si dice ci sia stato Michael Moritz, 66 anni, ex presidente di Sequoia Capital, appassionato di calcio, con un portafoglio di oltre 6 miliardi. Sembra aver declinato l’offerta, ma potrebbe interessare ad altri magnati negli Stati Uniti, visto che il business piace. Ma è possibile che non si debba guardare così lontano: nonostante le frizioni con Vitek per Tor di Valle, è possibile che i contatti vengano riallacciati proprio in nome di un impianto di proprietà della Roma. Una “Joint venture” fra le due aziende potrebbe portare Vitek ad entrare nell’azionario del club giallorosso, mentre i Friedkin si occuperebbero soprattutto della gestione sportiva, il magnate ceco seguirebbe più la parte stadio, stavolta in accordo con Comune.9
FONTE: La Gazzetta dello Sport – M. Cecchini