Un affare da 50 milioni. Radovan Vitek è il nuovo proprietario dei terreni di Tor di Valle, dove la Roma spera di costruire il proprio stadio. I contratti sono stati ratificati ieri pomeriggio durante il Consiglio d’amministrazione di Unicredit, grande regista dell’operazione in quanto principale creditrice del costruttore Luca Parnasi. Vitek, immobiliarista ceco molto vicino alla banca, ha accettato di entrare nel business non soltanto perché vuole recitare un ruolo da partner della famiglia Friedkin, ma anche perché nell’accordo siglato ieri che lo porta all’acquisto di 14 società diverse è stato inserito anche il nuovo centro commerciale Maximo, sulla via Laurentina e quindi non lontano da Trigoria, che vedrà la luce dopo molti anni di attesa. L’operazione è stata valutata complessivamente 250 milioni.
Cosa c’entra tutto questo con la Roma? Semplice. Friedkin si augura che l’ingresso sulla scena di un miliardario molto conosciuto su scala internazionale, unita all’estromissione definitiva di Parnasi che è ancora alle prese con un’inchiesta giudiziaria, possa consentire alla sindaca, Virginia Raggi, di conquistare i voti necessari a far approvare dall’assemblea capitolina la convenzione urbanistica, il contratto sullo stadio di Tor di Valle, che è il vero nodo politico della vicenda. Raggi ha garantito che il voto arriverà prima di Natale. Ma i tumulti interni alla maggioranza, al di là dei ritardi determinati dal Covid, hanno generato un clima di grande incertezza. E’ la ragione per cui la sindaca tergiversa prima di convocare l’assemblea.
Il punto è che Friedkin ha fretta. Può aspettare ancora qualche mese prima di aprire i cantieri – non è quello il problema – ma ha voluto conoscere tutti i più influenti personaggi della città per capire se il dossier Tor di Valle fosse ormai indirizzato su un binario morto. Ha pensato anche a rifarsi lo stadio per conto suo, in un’altra zona. Ipotesi che alla lunga non si può completamente escludere. Ma oggi, alla metà di ottobre, Friedkin ritiene conveniente insistere. Fosse stato suo, il progetto, lo avrebbe sicuramente realizzato in un altro modo. Ma cancellare con un colpo di spugna il lavoro di otto anni effettuato durante la gestione Pallotta rischia di essere controproducente, ormai. Meglio andare avanti finché si può, contando che si possa. (…)
FONTE: Il Corriere dello Sport – R. Maida