«Il parcheggio 03 deve essere spostato». «L’alberatura non è sufficiente». Ci sarebbe da sorridere, se non fosse che queste ed altre amenità – nel senso di «cose piacevoli, che rallegrano lo spirito», in cui, come scriveva Giacomo Leopardi ad Angelo Mai, «si perde la mente mia» – sono il motivo per cui nella serata di martedì, quasi allo scadere, il Comune ha inviato alla Regione «ulteriori contributi sul progetto Stadio», per i quali, fanno sapere dalla Pisana, «si ritengono differiti i tempi di indizione della Conferenza di servizi».
QUANTO? – Altri cinque giorni, non di più. Questo prescrive la norma. E oltre questo limite non vuole andare la Regione, che di cinque giorni in cinque giorni non vorrebbe arrivare a Natale, quando la legge le impone di non impiegare più di 180 giorni per aprire e chiudere la Conferenza di servizi. Perché in linea teorica nulla vieterebbe al Comune di inviare altre carte, e altre ancora, se l’obiettivo, come pare ormai assodato, è prendere (e perdere) tempo. Quantomeno, fare melina. Scagliando la palla dall’altra parte. Rintuzzando l’ormai stucchevole polemica sul parere di conformità da assegnare alla pubblica utilità del progetto Tor di Valle (dovrebbe farlo il Comune, c’è scritto chiaramente nella legge). Continuando, di fatto, a rinviare la convocazione della Conferenza, la sede in cui andrebbero affrontate quelle carenze del progetto che ancora due giorni fa segnalavano dal Campidoglio, sempre le stesse di una settimana prima. Perciò, al di là del diplomatico comunicato emesso ieri – «Entro questa settimana avrà luogo un incontro tra gli uffici competenti di Comune e Regione per definire il prosieguo dell’iter amministrativo, con l’obiettivo di indire la Conferenza dei servizi nei tempi previsti» –, l’intenzione della Pisana alla prossima scadenza è forzare la mano, inviando comunque le lettere di convocazione. Costringendo il Comune a uscire allo scoperto.
Resta lo spazio per una breve riflessione. È comprensibile che in questo momento la Giunta Raggi sia mossa principalmente da un istinto di sopravvivenza, non è accettabile (e rischia di non essere più legale) continuare a far finta che sia tutto un gioco. O folklore. Per quello basta e avanza Vittorio Sgarbi.