Il sorriso solare con cui arriva, ci spiazza. C’è qualcosa di diverso dal consueto. Ma l’interrogativo dura un attimo, poi capiamo, però vogliamo che sia lui a raccontarsi.
Scusi Strootman, ma che cos’ha di speciale la sua faccia, visto che Spalletti la prende sempre come modello, magari da contrapporre al tenero Dzeko… «Guardi tutte le mie foto quando gioco: non ne esiste una in cui rido. Sono sempre cupo, teso , la mia espressione naturale. Penso sempre a vincere. Nello spogliatoio mi chiedono: “Ma sei sempre arrabbiato?” E io invece magari sono tranquillo. Questo non significa che ci sia differenza tra me ed Edin, lui vuole vincere come me».
Con l’annullamento della squalifica è stata fatta giustizia? «Certo. Quando mi era arrivata la notizia sono rimasto sorpreso. Pensi che stavo dormendo e a un certo punto è arrivato il messaggio sulla nostra chat di squadra, con tutti che commentavano: “È incredibile”. Detto questo, non dovevo buttare l’acqua a Cataldi. È stata una cosa non sportiva. Certo, lui faceva delle cose, ma è comunque colpa mia. Però non sarebbe stato giusto squalificarmi per simulazione».
Certo, la sua caduta qualche sospetto l’ha lasciato. «Non voglio parlare di questo. Dico solo che ho sbagliato a tirare l’acqua e chiedo scusa».
Inzaghi però anche due giorni fa l’ha criticata… «Lui ha i suoi motivi, ma siamo noi ad aver vinto il derby».
Anche Rüdiger e i suoi calzini… «Dopo aver sentito quelle parole Toni non era triste, solo sorpreso. Se Lulic pensa davvero quelle cose mi dispiace per lui. Se due anni fa Rüdiger vendeva calzini e ora gioca così nella Roma, vincendo anche il derby in questo modo, vuol dire che ha lavorato bene».
Ora il Milan. Lo sa che lei va contro la storia? La squadra olandese per eccellenza dei tempi recenti è quella rossonera… «Sì, Gullit, Rijkaard, Van Basten. Insieme a Seedorf hanno cambiato la storia del calcio italiano. È la generazione delle stelle dopo quella di Cruijff e Neeskens. Li ho potuti vedere solo in video, ma erano formidabili».
Invece la Nazionale adesso è in difficoltà… «Sì, perché i nostri non giocano più nei grandi club come una volta. Ci manca la generazione di mezzo tra i giovani bravi e i senatori Robben e Sneijder. Ma le cose stanno migliorando, e finalmente abbiamo capito che conta è il successo. Mi ricordo lo scandalo quando Van Gaal usò la difesa a 5 perché non era in linea con la tradizione dell’Olanda che voleva solo attaccare. Ma va bene difendersi anche in 6 o 7 pur di vincere. Italia e Germania ce lo hanno fatto capire. Anzi, anche voi tornerete presto in alto».
A proposito, tutte passate le frizioni tra Roma e Olanda sulla sue gestione? «Sì, tutto a posto. Forse è stata colpa mia, voglio giocare sempre. Dovevo dar retta al mio corpo. Avessi saputo che mi sarei fermato, non avrei giocato».
Tornando al Milan, quali sono i giocatori che teme di più? «Direi Suso e Bonaventura, Bacca se gioca. Anche Locatelli che è molto cresciuto rispetto all’anno scorso. Però loro sono forti come squadra e lo dimostra il fatto che riescono a vincere anche se non giocano bene. Dobbiamo stare attenti, abbiamo un’occasione importante: senza i tre punti, la vittoria nel derby sarebbe inutile».
Alla Juve chi toglierebbe? «Tutti i 23 giocatori. Ne hanno due per ruolo fortissimi. Da quando sono in Italia restano il punto di riferimento. Se pensiamo che hanno comprato anche Pjanic e Higuain».
Lei invece conferma che non andrà mai alla Juve? «Quando me lo chiesero, ero appena rientrato e avrei detto no a tutto, ma di sicuro confermo che sarebbe quasi impossibile. Quando ero piccolo pensavo che mi sarebbe piaciuto giocare in Premier per l’ambiente, gli stadi pieni. Comunque, non puoi sapere cosa succede nel futuro, l’ho scoperto sulla mia pelle. Ma qui mi trovo bene e vorrei vincere qualcosa».
Allora il rinnovo è vicino. «Stiamo lavorando e io sono ottimista. Nel 2013 Garcia e Sabatini mi hanno convinto a venire perché c’era da ricostruire. L’abbiamo fatto: manca l’ultimo gradino».
Che differenze ci sono tra Garcia e Spalletti? «Non molte. Spalletti forse è più attento alla difesa e ruota più i giocatori, mentre Garcia faceva giocare spesso gli stessi. In partita, poi Spalletti è più agitato, mentre Garcia parla di più con gli arbitri».
Spalletti ancora non scioglie la riserva sul suo futuro: pensa che rimarrà? «Da come lavora sul campo, non c’è dubbio».
È tornato ai livelli di prima dell’infortunio? «Ancora no. Se rivedo le mie partite so che devo migliorare ancora. D’altronde, da quando avevo 4 anni ho giocato ogni giorno fino a tre anni fa. Poi mi sono fermato. L’anno scorso pensavo di essermi ritrovato, invece ne giocavo una bene e una no. Poi mi dissero: “Devi fare un terzo intervento, altrimenti non è finita. E non è nemmeno sicuro che tornerai quello di prima”. Ecco, in quel momento ho avuto paura, sapevo di rischiare aprendo il ginocchio per la terza volta, ma il professor Mariani ha fatto un gran lavoro. Quasi ogni giorno ho il rimpianto di non essermi fatto operare subito da lui».
E allora ci faccia il podio di campionato e Champions… «Va bene, ma non in ordine di arrivo se no su twitter si arrabbiano. In A dico Roma, Juve e Napoli; in Europa, Real Madrid, Bayern e Barcellona».
Sta per arrivare la trasferta a Torino. Due anni fa lei e i suoi compagni in tribuna quando foste presi di mira dai tifosi della Juve: le era mai capitato in carriera un episodio del genere? «No, mai. A chi era in panchina arrivarono anche sputi. Sembrava una guerra. Comunque, se non mettono le mani addosso e non sputano, so che anche questo è calcio».
In quella partita Garcia suonò il violino verso l’arbitro: lo avrebbe fatto anche lei? Sorride. «Meglio che non risponda, non posso prendere un’altra squalifica…».