La famiglia Friedkin, pur elargendo passione e denaro nel delineare il profilo della sua “creatura”, sta capendo come le «magnifiche sorti» che dovevano materializzarsi a breve, forse avranno bisogno di interventi più strutturali. Insomma, non si può vivere di solo Mourinho. D’altronde, i numeri del bilancio in chiusura fra otto giorni saranno quanto meno impegnativi.
Solo al 31 marzo scorso, infatti, il rendiconto dei primi nove mesi denunciava un indebitamento pari a 291,7 milioni e un patrimonio netto negativo di 42,1 milioni. Se a questo si aggiungono perdite per 108,3 milioni – che a fine giugno potrebbero arrampicarsi a circa 150 milioni – si capisce come i Friedkin abbiano in mente un cambio di strategia. Una cosa è certa: i nuovi proprietari, oltre ad aver pagato la Roma 199 milioni ed essersi accollati i tanti debiti, non hanno lesinato finanziamenti, ormai giunti quasi a quota 200 milioni.
Per questo si sta lavorando per cercare soci di minoranza nel mondo dei fondi statunitensi, che garantiscano liquidità e, in prospettiva, soluzioni strutturali. L’insoddisfazione dei Friedkin, poi, si palesa anche sul fronte nuovo stadio. Accantonare l’ingombrante eredità di Tor di Valle è già di per sé faticoso, ma l’individuazione e il finanziamento di un impianto in una nuova area non sembra semplice.
Così incomincia a prendere quota l’idea di una “acquisizione” dell’Olimpico per poi ristrutturarlo profondamente. Inutile dire che sarebbe una situazione meno dispendiosa e che avrebbe parzialmente quei requisiti che la nuova Roma richiederebbe, a partire dall’inserimento nel tessuto urbano.
FONTE: La Gazzetta dello Sport