Manca solo lo Stadio. Iniziato con la ricerca dei terreni quando presidente era Thomas DiBenedetto, portato sin quasi sulla soglia del via libera finale da James Pallotta, ora spetterà a Dan Friedkin concludere questo travagliato e lungo iter che ha risentito dell’addio di Ignazio Marino al Campidoglio e dell’arrivo a Palazzo Senatorio di Virginia Raggi. Fra le prime incombenze di Friedkin – che quando venne a Roma fece un sopralluogo a Tor di Valle e vide tutte le carte progettuali – ci sarà quella di confermare formalmente al Campidoglio la volontà di concludere gli accordi.
La seconda, sarà trovare i soldi (1 miliardo e 25 milioni di euro il valore del progetto) per finanziare tutto. Sarà importante avere una forte posizione pubblica sulla necessità di concludere per evitare che il Campidoglio targato Movimento 5Stelle ripiombi nella sua apatica melina che ha segnato questo triennio. Anche se alla Raggi – presentatasi agli elettori come la paladina del «no» al progetto – oggi è rimasto solo lo Stadio fra le grandi opere private da portare a termine in un desolato e desertico nulla.
La parabola del dossier Stadio ha vissuto nell’ultimo triennio alcuni snodi chiave: dai bizantinismi del primo governo Raggi/Berdini; all’accordo del febbraio 2017 fra la Raggi, Baldissoni e Parnasi; fino alla deflagrazione dell’inchiesta sul costruttore e i suoi rapporti con la politica, per arrivare ora alla (quasi) conclusione di tutti i lavori preparatori.
Nel frattempo, proprio Luca Parnasi sta per uscire di scena e cedere tutto il pacchetto all’immobiliarista céco, Radovan Vitek.
E questo doppio passaggio – Pallotta/Friedkin e Parnasi/Vitek – dovrà quasi certamente prevedere in agenda dei colloqui fra i nuovi partner per confermare o modificare gli accordi su quote e partecipazioni. In Campidoglio, per chiudere i lavori tecnici preliminari su Tor di Valle e passare alle operazioni di voto, di fatto, si aspetta proprio la conclusione del passaggio di proprietà fra Parnasi e Vitek.
FONTE: Il Tempo – F. M. Magliaro