Era inevitabile, per certi versi scontato. Anzi, fin troppo questo tira e molla aveva tenuto in ansia la Roma e preoccupato i tifosi romanisti più ansiosi: e non sono per niente pochi. Adesso che Sabatini non c’è più in molti tireranno un sospiro di sollievo, perché fin troppo volte si era data a lui la colpa degli insuccessi giallorossi dell’era americana. Il tempo sarà giudice impietoso. Ma la sensazione è che, una volta ancora, ci si ritroverà a rimpiangere un dirigente capace, conoscitore di calcio come pochi e che, con tutte le sue «follie» e fissazioni, ha sempre portato a casa i giocatori che servivano.
E per uno strano paradosso, proprio l’uomo che lo volle a Roma oltre cinque anni fa, adesso è tra i motivi (seppur mai dichiarati dal ds uscente vista l’amicizia personale) del suo addio. Troppe le interferenze (anche se ufficialmente Baldini fa solo il consulente e «aiuta» la Roma sul fronte sponsor), troppi gli attriti con il presidente Pallotta e i suoi uomini. Così come troppi i bocconi amari da mandar giù per un uomo abituato a fare di testa sua, a decidere e fidarsi del suo istinto naturale.
Certo, qualche «storta» l’ha presa anche Sabatini, ma nel calcio è inevitabile: resta la capacità di un talent scout nato, forse addirittura troppo avanti rispetto al resto del mondo. Un uomo che magari in un club più piccolo ritroverà l’ambiente giusto e gli stimoli per tornare a fare quello che meglio gli riesce: pescare fenomeni. Non rispondeva ai giornalisti? Beh, forse visto il trattamento fin troppe volte riservatogli, il tiro al piccione dei soliti calamari e ubriaconi, per certi versi faceva bene…