Era presente alle riunioni per decidere le sorti del progetto dello stadio di Tor di Valle e il nome di Luca Lanzalone, superconsulente della sindaca Virginia Raggi, non solo aveva dato la sua benedizione, ma era stato anche d’accordo a introdurlo in Campidoglio. «È una persona che si era ben segnalata a Livorno. Aveva pertanto la nostra fiducia e per tale ragione è stata presentata alla sindaca», ha raccontato il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, al procuratore Giuseppe Pignatone e all’aggiunto Paolo Ielo. Era l’11 giugno scorso. Due giorni dopo, Lanzalone sarebbe finito ai domiciliari per corruzione, protagonista dell’ondata di arresti che ha travolto l’imprenditore Luca Parnasi e i suoi collaboratori: «Io stesso partecipavo alle riunioni sullo stadio, coordinavo i sindaci dei cinque stelle. Lanzalone ha dato una serie di consigli legali, era una sorta di consulente che esprimeva opinioni al sindaco, che originariamente si occupava solo dei problemi connessi ai profili risarcitori relativi a un’eventuale revoca della decisione della costruzione dello stadio. Poi, via via, si è occupato anche di altri profili».
LE ELEZIONI A TOR DI VALLE – Nel carniere dell’imprenditore Parnasi non c’erano solo i rapporti con il Campidoglio. La rete del costruttore ricostruita dai carabinieri del Nucleo investigativo arrivava fino ai piani alti della politica. E specie nella zona dove doveva sorgere lo stadio, era disposto a spendere: «La logica deve essere di non utilizzare la stessa società per candidati che sono, diciamo, sulla stessa piazza – dice intercettato a un collaboratore – noi andremo a sostenere tutt’e tre i candidati che sono allEur, al Senato», non distante da Tor di Valle. L’8 agosto 2017 Parnasi parla con il collaboratore Simone Contasta, dice che il «parere dello Stato è positivo, tuttavia all’interno vi è il parere del Mit negativo e ieri Lotti si è battuto per questo». Chi lavora con lui impara ad applicare la stessa tecnica. Giulio Mangosi, per esempio, parla con un conoscente di Fabrizio Santori, consigliere regionale di Roma, dice che «è suo amico, che conosce da tempo quindi se gli chiede una mano è ben disposto ad aiutarlo». Insieme a Luca Caporilli, al telefono, in piena fase elettorale, parlando del progetto Stadio commenta: «Secondo me Franceschini è il vero… nostro falso amico, come dire». «Lui sta in grande difficoltà – replica Caporilli – non può essere rieletto quindi ha bisogno di un posto, quindi sta sgomitando con Renzi… la moglie va in Regione». Avviato il rapporto coi cinque stelle, in primavera Parnasi puntava sul futuro prossimo: «Ieri sono stato a parlare con Ferrara – Paolo, capogruppo M5S in Campidoglio, sotto inchiesta – e c’era un trionfo assoluto… noi in questo momento con i 5 stelle abbiamo una forte credibilità, incontrerò anche la Lombardi fra una settimana. Se vuoi la previsione di Luca Parnasi c’è un rischio altissimo che questi facciano il governo, magari con Matteo Salvini, e quindi noi potremmo pure avere un grande rapporto!». Mangosi racconta a un conoscente che «diciamo che mi hanno chiesto di aiutare la Lombardi… De Vito, Ferrara… io chiaramente a tutti rispondo».
I PARTITI NAZIONALI – È proprio Mangosi, interrogato dai pm, a raccontare che Parnasi «spesso stipulava contratti a mio vedere non corrispondenti agli interessi della società e finalizzati solo a favorire le relazioni che riteneva utili… per accreditarsi o per accontentare qualcuno della sua rete relazionale». Racconta anche di aver dato un «contributo per organizzare due interviste della Lombardi. Mi è stato chiesto da Ferrara e da De Vito». Gianluca Talone, altro collaboratore indagato di Parnasi, precisa: «Sicuramente sapevo che Parnasi pagava somme a partiti politici, e ho curato, su sua indicazione, un’erogazione liberale a Fratelli d’Italia».
Parla anche del denaro dato alla fondazione Più Voci – vicina alla Lega – e ed Eyu – area Pd – e del falso contratto stipulato con radio Padania, per coprire un finanziamento non regolare: «Luca mi presentò un collega, Andrea Manzoni, in qualità di commercialista di Radio Padania al quale Parnasi confermò la volontà di versare la somma di 200.000 euro. Ho compreso che il contratto era solo fittizio… era solo un modo per dare una veste formale alla erogazione da versare alla Lega». Stessa logica nei rapporti con Eyu e il suo responsabile: «Parnasi mi diede il contatto di Petrolo, in qualità di referente della fondazione Eyu e mi disse che si trattava di una fondazione vicina al Pd. Io avevo capito che si trattava di un modo per coprire un’erogazione al partito, perché mi è stato detto da Petrolo che si doveva fare tutto prima delle elezioni».