Vanno in giro a dire che è stata un’allucinazione collettiva. E, se non stai attento, un po’ finisci per crederci. Ma Totti chi? Quello che nella vita ha vinto uno scudetto e a momenti ci faceva perdere un Mondiale? Non ti viene voglia di andare a controllare, e invece dovresti. Se guardi i filmati di venticinque anni di campo (…), capisci. Vedi i colpi di tacco, chiaro.
I gol, quelli che avrebbero affondato una portaerei e quelli che passavano nella cruna dell’ago. Evidente. Vedi i posizionamenti, i furori, gli assist che sono 136 e se fa impressione il numero non parliamo della qualità. Vedi i singoli tocchi in mezzo al campo, traiettorie da particella elementare e spin frazionario: forse il miglior passatore mai nato in Italia. Il migliore in molte cose, per la verità. (…)
Lasciamo stare. Francesco Totti non è mai stato un’allucinazione collettiva. E’ esistito, ha distribuito bellezza – non diciamo grazia e miracoli, non esageriamo – e poi al momento giusto ha fatto finta di andarsene. O forse non era il momento giusto, lui almeno non lo sentiva tale. Suona strano che adesso lo riproponiamo sul palcoscenico mediatico con la scusa di un litigio in famiglia o anche di una separazione dalla moglie Ilary Blasi che la coppia peraltro si è fatta cura di smentire. Non importa poi molto. (…)
Tra i romanisti a un livello da riserva carburante. Perché Totti a Roma è altro. Non se n’è mai andato. Neppure quando bofonchiò la sua insoddisfazione per un ruolo societario che sentiva insoddisfacente o peggio inutile. Quando disse: con questa proprietà non mi vedrete più.
La proprietà era Pallotta, naturalmente, solo al comando con partner dai volti sconosciuti e dai nomi dimenticati. In realtà, cinque mesi dopo Totti era allo stadio. Per portarci il figlio, certo. Ma pure perché sa che i gesti simbolici funzionano a piccole dosi. Ha aspettato altri due anni per tornarci, a Friedkin insediati. Adesso non lo smuovi di là e qualcosa significa. (…)
FONTE: Il Corriere dello Sport – M. Evangelisti