«Ma che ve devo dì, dopo venticinque anni…». Totti scuote la testa lasciando la Doosan Arena. Bisogna capirlo. Avrebbe voluto giocare la sua ultima Champions e, invece, dopo essere rimasto in panchina in entrambe le gare del playoff con il Porto, è entrato in scena solo al 3° match continentale. E’ ripartito dall’Europa League, in campo solo per mezza ripresa. Ma Spalletti, qui a Plzen, ha voluto soprattutto vedere se i ricambi sono all’altezza dei titolari. L’esame c’è stato. E a quanto pare non è andato affatto bene. «Siamo tutti rimandati». si tira dentro, anche perché ha scelto lui su chi puntare. «Dovevamo fare di più. Ci giocheremo la qualificazione all’Olimpico».
DISTRAZIONE FATALE – «Eravamo passati anche in vantaggio, potevamo prendere la partita che, invece, è andata su un piano fisico, proprio come volevano loro». Spalletti evidenzia la nuova dormita difensiva: «Il gol preso era evitabilissimo. E e su questi campi se non sei bravo a prendere in mano la situazione… Loro danno tutto dal punto di vista del carattere e diventa per noi più difficile. Bisogna avere più tranquillità e personalità nel gestire le situazioni. Dovevamo essere padroni della metà campo. Serve più coraggio, sembra che non crediamo nelle nostre qualità. Perdiamo palloni facilissimi».
DELUSIONE EVIDENTE – Svicola su Iturbe. «Che ultimatum? Ho fatto giocare chi pensavo potesse darmi delle risposte». Evita di bocciare in pubblico Gerson: «Ha fatto tutto sommato anche una buona gara. Essendo, però, la prima è quello che è giustificato un po’ di più. Non si hanno a disposizione cinque partite nel nostro calcio: si hanno cinque minuti in cinque allenamenti per entrare nei meccanismi di una squadra. Deve essere visibile la voglia e l’intensità». E aggiunge: «Mi aspettavo qualcosa di più. Quando uno si gioca il futuro nella Roma deve far vedere per lo meno la convinzione, i duelli, qualche presa di posizione dove si butta il cuore e l’anima oltre le proprie qualità».