Sembra don Abbondio, che non era nato con un cuor di leone. Si contraddice. Non sa di che cosa sta parlando. Spieghi chiaramente se vuole affossare lo stadio della Roma come ha fatto con la candidatura olimpica. Era abbastanza prevedibile che sul sindaco Virginia Raggi si sarebbero concentrati i raggi mortiferi, appunto, degli avversari politici. Lo stallo che si è creato, in maniera piuttosto sorprendente per tutti compresi la Roma e i costruttori coinvolti nel progetto, giovedì nella conferenza dei servizi che sta discutendo del nuovo impianto di Tor di Valle è l’occasione perfetta per assestare un’altra spintarella alla già traballante amministrazione comunale guidata dal Movimento 5 Stelle. Soprattutto il Pd, a cui rappresentanti vanno ascritti i giudizi riportati in cima, ovviamente ne approfitta, con chirurgica – e nella fattispecie comprensibile – perfidia.
NEI LIMITI – Anche perché la Raggi per parte sua fa di tutto per aiutarli. Ieri durante un incontro con la stampa ha reagito a una domanda sullo stadio come se non se la aspettasse. E dopo aver twittato a più riprese sull’importanza del progetto per la città ha rilasciato un’altra dichiarazione equilibristica: «Proseguono i contatti con la Roma. Riteniamo che Roma e la Roma meritino uno stadio ma deve essere fatto nei limiti di legge del Prg (il piano regolatore, ndr). Come sapete ora è aperta la conferenza dei servizi, quindi è lì che si parla e si decide». Qualche puntualizzazione serve. Restare nei limiti dell’attuale piano regolatore significa cancellare almeno 600.000 metri cubi, quindi azzerare progetto e iter e ricominciare daccapo. Insieme, rendere l’intera iniziativa non sostenibile sul piano economico e impossibile da portare avanti senza la necessaria riorganizzazione della viabilità. E’ anche vero che la Raggi non parla semplicemente di piano regolatore bensì di «limiti di legge del Prg». Se l’assemblea comunale approva una variante al piano medesimo la legge è rispettata e si può andare tranquillamente avanti. Terzo aspetto: la conferenza dei servizi non può decidere un bel nulla in assenza di atti da parte del Comune. Il 31 gennaio è in calendario l’ultima riunione e se mancano fatti nuovi si stacca, la Roma si rivolge al commissario governativo (sembra non abbia intenzione di percorrere la strada alternativa di un ricorso al Tar) e i tempi si allungano in misura insopportabile.
CHIACCHIERE – Quindi ha avuto gioco semplice il presidente della Regione, Nicola Zingaretti, a spargere sale sulle ferite: «Noi abbiamo fatto tutto, i tempi stringono, c’è una discussione interna al Comune di Roma e al M5S. Se non si risolve quella, non si fanno passi avanti. Siamo in attesa, non si procede a dichiarazioni e conferenze stampa, prese di posizione e interviste. Bisogna produrre atti amministrativi, altrimenti sono chiacchiere vuote che fanno solo perdere tempo». La giunta comunale può fare tre cose: niente; presentare una delibera che annulli l’interesse pubblico del progetto; mettere ai voti una variante del piano regolatore che limi il progetto (del 20%) senza snaturarlo. Ieri qualche segnale di distensione è partito dal Comune in direzione della Roma. La settimana prossima un tavolo tecnico dovrebbe affrontare rapidamente i nodi ancora insoluti e raggiungere un compromesso urbanistico che stia in piedi. Tavolo tecnico nel senso che il rappresentante del Comune non sarà un politico: non ci saranno dunque né l’assessore all’urbanistica Paolo Berdini né la consigliera Cristina Grancio, indicati inizialmente come possibili referenti. E’ come se il sindaco mormorasse: niente ideologia, parliamo di polpa. Fosse così, meglio tardi che mai.