È un film già visto. Peraltro un brutto film, in una sorta di masochisimo di gruppo che non ha riscontri in nessuna parte del pianeta terra, ma probabilmente in nessuna galassia conosciuta e sconosciuta. L’ambulanza Roma, dopo una prima parte di stagione in cui non aveva mai acceso il motore, è tornata a essere il bersaglio preferito, soprattutto da parte di chi tutto ha meno che amore nei confronti dei colori giallorossi. Dopo il Sassuolo, ieri a Trigoria è andato in scena un altro di quei giorni in cui ci si confronta, si cercano risposte, si fanno propositi per l’immediato futuro, ci si convince che l’unione fa la forza e che da questa situazione si uscirà al motto tutti per uno, uno per tutti.
Così è stato. In una mattinata gelida, nell’indifferenza e rassegnazione o quasi della gente romanista, a Trigoria è andato in scena l’allenamento defaticante (ma defaticante de che?). Ma, eccoci al brutto film già visto, il tutto preceduto da un lungo monologo di Fonseca nel chiuso di uno spogliatoio dove in pochi avevano voglia di parlare, probabilmente pure loro alla ricerca di risposte convincenti per spiegare quello che sta succedendo.
La versione più o meno ufficiale, fa sapere che il tecnico portoghese, come del resto tutti gli allenatori, parla sempre alla squadra il giorno dopo una partita ufficiale, una scelta naturale dopo aver fatto passare ventiquattro ore, evitando cioè di parlare a caldo, opzione, direbbe Fonseca, che rischierebbe di essere esagerata. Solo che stavolta il giorno dopo è di quelli che non si augurano a nessuno, una nuova sconfitta, una nuova prestazione incomprensibile, i fischi (i primi) dei tifosi dopo aver visto altri novanta minuti che avevano certificato come la Roma che si era vista nel derby e, volendo, prima ancora a Firenze, è letteralmente sparita. Il portoghese non è persona dalle sfuriate esagerate, consapevole che il peso delle parole non si misuri alzando la voce. (…)
FONTE: Il Romanista – P. Torri