C’è stato un momento in cui il Paese – sì, il Paese ben oltre il Grande raccordo anulare – guardava una porta. Anzi, un portellone. Scorrevano i secondi, poi i minuti, ma nessuno riusciva a staccare gli occhi, e intanto l’attesa si gonfiava. Uscirà per primo? Poi, il portellone si è aperto, e tutti immediatamente eccolo. Era proprio lui, José Mourinho, venuto da quella che fino a due mesi fa guardavamo come una luna calcistica: irraggiungibile. E invece, eccolo qua. Portato – letteralmente – da Dan Friedkin. A bordo del suo aereo e con lui alla cloche.
Fuori dall’aeroporto, in questa assolata periferia romana, i tifosi già lo portano in trionfo. Tanto affetto e gratitudine solo per aver scelto questa terra. Ecco il corteo, dal finestrino dell’auto bianca scende una sciarpa giallorossa, per segnalare che a bordo c’è un romanista. Come fanno i bambini quando vanno allo stadio. Ci si riconosce così. Sì, è proprio lui, José Mourinho.
FONTE: Il Messaggero – A. Catapano