Comunque vada, sarà un successo. Conviene dirlo ora che la Roma non ha rimonte disperate da tentare – anzi, in tutta onestà e al netto di ogni scaramanzia, è leggermente favorita. Leicester, Feyenoord, Marsiglia non hanno nulla più della Roma, almeno in partenza, sono squadre con cui può finire bene o male: e sarà solo la dura legge del calcio (e della vita), nulla di più. E se dovesse andare male, eccoci al punto, la Roma avrà vinto comunque.
Anzi meglio: la Roma ha già vinto. E sta qui, in effetti, l’essenza del romanismo, quel sentimento che i successi del campo non possono alterare, perché l’essere romanista è già di per sé una vittoria, anzi è la vittoria. Ci siamo, ecco il successo della Roma di Mourinho (e dei Friedkin), che nessuna semifinale europea potrà cancellare: aver proposto alla sua gente non una storia di vittorie di cui godere (magari arriveranno comunque), ma un pacchetto di valori da recuperare e condividere, sempre e comunque, oltre il risultato del campo.
Questo aspettava la gente romanista, orfana di Totti e De Rossi: una squadra di cui essere orgogliosi, una squadra a cui sentirsi di appartenere. Aver intercettato questa fame emotiva, è un grande merito della nuova proprietà, e un grande segno di discontinuità con la precedente. Il resto, lo ha fatto José Mourinho, l’elemento che consente al tifoso di proiettarsi nel futuro con un pizzico di speranza, e con quei valori recuperati dal passato.
FONTE: Il Messaggero – A. Catapano
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